Ruth’s mette insieme carnivori e talmudisti
Ruth’s è un ristorante casher vegetariano, accanto alla sinagoga di Firenze. Vegetariano è anche il suo titolare da oltre vent’anni, Tomas Simcha Jelinek. «Qui sono passati davvero tutti. Persino il re della bistecca, Dario Cecchini. Fuori dal suo regno non mangia carne. E spesso ha scelto noi per evadere da quella bolla», racconta divertito Simcha.
«Ma è tutta Firenze che ci vuol bene. Siamo considerati un pezzo importante della città. C’è chi viene qui da lustri e oggi torna con lo stessa curiosità di sempre, con figli e nipoti».
Cinque libri raccolgono le dediche di clienti passati e presenti. C’è lo scrittore israeliano David Grossman, pure lui vegetariano, di cui Jelinek espone una foto vicino alla cassa, in mezzo a cartoline con Franz Kafka e scorci di Mitteleuropa. Ma c’è anche Adin Steinsaltz zl, tra i più grandi talmudisti di ogni epoca, che in occasione di una sua visita fiorentina impartì a Simcha e al ristorante «una benedizione speciale».
L’avventura con Ruth’s è iniziata nel 2001, in concomitanza con Pesach (la Pasqua ebraica). Prima Simcha lavorava come mashgiach, supervisore di casherut, per conto di vari rabbini italiani. Ruth’s è un ambiente multiculturale. Affianca Jelinek uno staff di bengalesi, tutti musulmani, che salutano i clienti con espressioni ebraiche di ogni genere e se è il momento di festeggiare qualcuno e qualcosa esultano con un «Mazal tov!».
Simcha Jelinek: dissidente, burattinaio, ristoratore
Dissidente e attivista per i diritti umani al fianco di Vaclav Havel in Charta 77, burattinaio di professione, una laurea in educazione creativa conseguita all’Accademia delle Arti Musicali di Praga, il boemo Jelinek non risponde ai canoni ordinari del ristoratore fiorentino. Il “suo” Ruth’s è un mondo fatto dalla sostanza dei cibi che si consumano, ma anche di quel patrimonio immateriale di cui è portatore il suo titolare in un continuo vorticare di battute di spirito intrecciate a pillole di saggezza e suggestioni surrealistiche. Suo maestro fu d’altronde uno dei più grandi interpreti della materia, il regista e sceneggiatore ceco Jan Švankmajer.
L’impegno di ristoratore non ha interrotto l’attività di burattinaio, arte ritenuta tra le più nobili nella terra d’origine di Jelinek ma purtroppo un po’ meno considerata in Italia. Simcha comunque non desiste. Il personaggio preferito è naturalmente il Golem, il leggendario protettore degli ebrei praghesi, ricavato da una patata «perché il Golem è frutto della terra.» Gli spettacoli del ristoratore-burattinaio sono per grandi e piccini. Ai bambini ha dedicato anche un libro sulla Shoah, Kaddish. Per i bambini senza figli.
Il piatto preferito di Simcha non è nel menù di Ruth’s. Si tratta dei fiori di sambuco fritti, «meraviglioso surrogato della carne, tanto che mia madre quando ero bambino scherzava sempre: “Guarda Tomas come è bella la Cecoslovacchia, qui la Schnitzel cresce sugli alberi”».
LA RICETTA
Feygele milkh
«Mangiavamo questo dolce la mattina dello Shabbat. Oppure quando uno non stava bene, perché era efficace come e più di
una medicina. Ci sentivamo come in paradiso. Il dolce si chiama non a caso “Feigellemilch”, che in yiddish significa “latte degli uccelli”»
INGREDIENTI
– 500 ml di latte
– 1 confezione di zucchero vanigliato (o
vero baccello di vaniglia)
– 3 albumi
– 3 tuorli d’uovo
– 100 g di zucchero a velo
– 300 g di uvetta
PROCEDIMENTO
Mescolare lo zucchero vanigliato nel latte (circa 100 ml vengono separati prima per mescolare i tuorli d’uovo). Montare gli albumi a neve e sbatterli con 20 g di zucchero a velo. Con un cucchiaio ritagliamo dalla preparazione dei piccoli gnocchi, che cuociamo nel latte bollente. Sfornare gli gnocchi finiti e lasciarli raffreddare. Sbattere il restante zucchero e i tuorli d’uovo nel restante latte freddo, versare nel latte bollente in cui abbiamo cotto gli gnocchi e cuocere una crema densa mescolando continuamente. Infine unire l’uvetta. Versare la crema in bicchieri alti, adagiarvi sopra gli gnocchi di neve cotti e decorare con l’uvetta.