GECE – Famiglia digitale: la polizia ci spiega il genitore-elastico
Sala parto: un bebè appena venuto alla luce sfila il cellulare dal taschino dell’infermiera mentre il ginecologo, incredulo, perde i sensi. Il piccolo poi si fa un selfie con l’infermiera e posta tutto online. È il video con cui la Polizia postale mette in guardia dai rischi della rete dalla primissima infanzia. Lo ha introdotto la prima dirigente della Polizia di stato Alessandra Belardini presentando in Comunità ebraica a Torino, assieme al giornalista de La Stampa Marco Sodano, il panel La famiglia digitale: evoluzione e problematiche. Belardini ha poi illustrato l’atteggiamento dei genitori: ci sono quelli che dicono no a tutto ciò che è digitale; ci sono i genitori balia «che usano i device come babysitter»; e i genitori che si considerano evergreen «mettendosi sullo stesso piano dei ragazzi, pubblicando gli stessi post» ma agli occhi dei ragazzi «restano dei boomer», sottolinea Belardini.
Il giusto equilibrio? «Essere genitori-elastico» che danno al figlio sia il cellulare sia le regole del suo utilizzo. Fra 0 e 10 anni puoi navigare da solo? No. Esiste uno strumento che si chiama “Parental control”. E poi serve dare un tempo per la navigazione, controllare la cronologia, bloccare i siti che non vogliamo siano visitati dai più piccini. «Si tratta insomma», riprende la dirigente di Polizia, «di un ruolo genitoriale al tempo diffuso, capillare, e discreto: ma discreto non vuol dire che non è attento».
Cosa fare allora? Conoscere, aggiornarsi, sapere quali social i nostri figli utilizzano. Bisogna avere paura? «No, e non dobbiamo instillarla nei nostri figli. Perché la paura è esclusiva, il sospetto è ansiogeno. Il dubbio invece è costruzione». Ma se fra 0 e 10 c’é il parental control che facciamo dopo i 12 anni? Dobbiamo fare capire ai ragazzini che anche online i conoscenti vanno selezionati, per esempio, dando la possibilità solo agli amici degli amici di chiederci amicizia, «qualcosa che ai ragazzini non piace», ammette Belardinelli. «Allora facciamogli capire che se nella vita virtuale ho 5 mila amici e metto foto ‘fighissime’, va spiegato che poi questo ci si può ritorcere contro. Perché nel momento in cui diventi impopolare e vieni subissato di offese, poi ti vergogni pure di andare a scuola». La rete si conferma un’arma a doppio taglio: ricca di opportunità e di rischi. Quali? «La diffusione di materiale pedopornografico come anche sfide – le challenges – pericolosissime per la salute e l’incolumità». Essere genitori di bambini nati «liquidi digitali» richiede molto lavoro, conclude Berlardini. La dirigente ha salutato il pubblico “regalando” alcune parole-chiave: navighiamo insieme, mostriamoci interessati, aiutami i nostri figli a distinguere fra identità reale e virtuale, a non parlare (online) con gli sconosciuti, e ricordarsi che una foto postata online «è una foto persa».
dan.mos.