GECE – Famiglie, diritti, inclusione. Tre storie di militanza
Per la prima volta dalla sua fondazione, il gruppo ebraico lgbtqai+ Keshet Italia non ha partecipato quest’anno alle manifestazioni nazionali e locali del Pride. Una conseguenza inevitabile del clima creatosi dopo il 7 ottobre, ha spiegato il suo presidente Raffaele Sabbadini dal giardino della sinagoga di Firenze. Tema dell’incontro cui è intervenuto Sabbadini era “Inclusione nelle famiglie ebraiche tra storia, contemporaneità e pregiudizi”, con un focus rivolto quindi non soltanto verso l’esterno e ai rapporti deteriorati su vari fronti. Il panel si è anzi aperto guardo all’interno dell’ebraismo italiano. E a quell’essere «minoranza nella minoranza», così l’ha definito, che secondo Sabbadini è ancora fonte di imbarazzi. «Vige spesso la mentalità, mutuata dall’esercito, del “don’t ask, don’t tell”. Questa cosa deve finire», ha denunciato il presidente di Keshet Italia.
L’incontro ha ospitato due ulteriori testimonianze da parte di iscritte alla Comunità locale. Per prima Daniela Spizzichino, presidente della sezione fiorentina dell’associazione di genitori, parenti e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender (Agedo), ha raccontato del “coming out” di due sue figli: la primogenita, dichiaratasi lesbica; e il terzogenito, dichiaratosi bisessuale. «In Agedo ho sentito tante storie dolorose, di muri innalzati al momento del coming out. Riprendiamoci il tempo dell’ascolto”, ha esortato Spizzichino. Ha concluso il panel Nina Peci, cofondatrice di Arcigay donna nazionale, con alle spalle una militanza di quasi quarant’anni tra Usa e Italia. «Dopo il 7 ottobre la famiglia queer mi ha deluso», si è rammaricata Peci. «Sono lontani i tempi in cui si lottava per i diritti civili».
a.s.