GECE – Raccontare la famiglia, tra le pagine di un libro

Dopo i saluti del presidente della Comunità ebraica Enrico Fink e del rabbino capo Gadi Piperno, la Giornata a Firenze è iniziata con un confronto tra quattro autori che nei loro libri hanno spesso messo al centro il tema della famiglia.
La storica Anna Foa ha esordito parlando di Portico d’Ottavia 13, «uno dei libri cui più sono legata». È la storia delle famiglie che abitavano nel palazzo in cui l’autrice ha a lungo vissuto, nel cuore del quartiere ebraico di Roma. Metà degli inquilini dello stabile furono trucidiati nella Shoah, deportati nei campi di sterminio oppure uccisi alle Fosse Ardeatine. Foa ne ha ricostruito «le vite, intrecciate e molto familiari». Vite in gran parte dei casi spezzate dal fascismo, complice anche del rastrellamento del 16 ottobre del 1943. La drammaturga Laura Forti ha raccontato di come la propria storia familiare tra «silenzi, detti e non detti» sia sempre protagonista dei suoi scritti. Dopo 25 anni da autrice teatrale «sono passata alla narrativa per “ripulire” la mia identità nei confronti della famiglia, per concedermi uno spazio più ampio di ricerca», lungo un filo di vicende ebraiche che si dipana tra Est Europa, Francia, Sud America (l’ultimo suo libro, La figlia inutile, parla dell’affascinante nonna materna). «Non c’è ecosistema più ricco di relazioni della famiglia», ha detto Forti. La famiglia del giornalista e scrittore Wlodek Goldkorn è quella di «un ebraismo molto diverso da quello italiano: l’ebraismo polacco, un ebraismo che aveva come tratto comune la lingua yiddish». Un ebraismo che Goldkorn ha declinato nel segno di autori come Sholem Asch, Sholem Aleichem e Leo Perutz, padri della grande letteratura yiddish. Definendo inoltre come «suo maestro di vita» Marek Edelman, uno degli eroi dell’insurrezione del ghetto di Varsavia. Di quegli anni parla l’autobiografico Il bambino nella neve. Di famiglia come «cassa di risonanza» tratta nei suoi libri anche il regista e sceneggiatore Alberto Caviglia. Attraverso l’arma dell’ironia, Caviglia ha affrontato nel tempo temi molto “seri” come l’antisemitismo e il negazionismo della Shoah. Tra gli altri nel libro Olocaustico.

a.s.