GECE – Torino apre l’evento. Dario Disegni: Vetrina di conoscenza. Noemi Di Segni (Ucei): Spazio sereno e di stimolo

Si è aperta in Piazzetta Primo Levi, davanti all’ingresso della sinagoga di Torino, la XXV edizione della Giornata della Cultura ebraica (Gece). Il primo a salutare il pubblico è stato “il padrone di casa” – Torino è città capofila dell’edizione 2024 – il presidente della Comunità ebraica torinese, Dario Disegni, che ha dato lettura del messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «La conoscenza è lo strumento fondamentale per superare le degenerazioni dei valori della convivenza civile che i principi fondanti della Repubblica scolpiscono nell’uguaglianza di tutti i cittadini. In un momento di cambiamenti epocali e di ferite lancinanti procurate dalle guerre», ha scritto il Capo dello Stato, «la cultura, nella sua pluralità, assume un valore risolutivo per la difesa dell’umanità».
Nel ricordare il 600esimo anniversario della vita ebraica a Torino, Disegni ha definito la Gece, dedicata quest’anno al tema della famiglia, «una straordinaria vetrina per far conoscere la vita e la cultura ebraica vero antidoto contro il pregiudizio». Dopo di lui ha parlato Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) che ha tra l’altro ricordato come «conoscere la cultura ebraica significa comprendere che il vissuto ebraico non è solo Shoah e persecuzione, orrore e crimini subiti e distorsioni denunciate. È vita quotidiana, è vitalità di comunità, di bambini, di famiglie che prima della Shoah e nei secoli precedenti, così come dopo la Shoah, hanno reagito e dato un significato anche ebraico alla propria esistenza».
La presidente Ucei ha poi approcciato il tema della famiglia: «Mishapachà in ebraico nella radice e nel concetto di essere l’uno di servizio all’altro. Una parola che per ciascuno di noi è immediata e intuitiva, tra le prime alle quali diamo un senso dopo il primo respiro nel mondo circondati di padre, madre, fratelli e nel mondo ebraico tipicamente da un intero parentame. Nel nostro vissuto è il luogo primario, al centro della trasmissione dell’identità ebraica e, per la giornata di oggi, appunto desiderio di condividere con voi i «come» della nostra cultura di essere famiglie ebraiche, può essere un contributo anche alle famiglie accanto alle quali conviviamo. Quest’anno – ha proseguito Di Segni – la Giornata arriva dopo lunghi mesi di sofferenza e dolore, dopo la strage del 7 ottobre avvenuta in Israele, violando e distruggendo le case che pensavamo essere sicure e blindate, facendo lasciare alle spalle le case e gli spazi personalizzati amati per cercare sicurezza, rendendo vedove ragazze speranzose di vita banale, orfani fratelli e figli per gli oltre 1.658 caduti, massacrando e violando ogni sacralità della famiglia, prendendo ostaggi e lasciando monche centinaia di famiglie. E con loro la grande famiglia del popolo di Israele. Con animo sconvolto e affaticati anche da una continua ed esasperante distorsione, affrontiamo sempre più punti interrogativi. Ineludibile, in questo contesto, il riferimento alla famiglia, proprio come soggetto preso di mira, considerato il nucleo sul quale perpetrare l’orrore e su cui si è poi abbattuta la guerra. Il 7 ottobre oltre il dolore e il lutto mai immaginati ci ricorda ancora una volta che la funzione dei precetti religiosi è di coadiuvare la vita e la convivenza. L’abuso e l’uso della ragione religiosa per ricercare altro genera orrore, prevaricazione e conquista politica.
Invece per noi la cultura e la conoscenza reciproca sono il presupposto per arginare fenomeni di odio, sospetto e antisemitismo e, proprio per questo, desideriamo vivere questo appuntamento non come momento di protesta contro una situazione insostenibile ma come spazio sereno, gioioso e ricco di stimoli per tutti i partecipanti».