GECE – Il Novecento, storie di vita ebraica

Domenica la Comunità ebraica di Casale Monferrato ha festeggiato la 25ma Giornata Europea della Cultura Ebraica. A fare gli onori di casa, la presidente della comunità, Daria Carmi, ha ricordato come la cultura della diversità permetta di sviluppare gli anticorpi della democrazia. Concetto ripreso dal prefetto di Alessandria, Alessandra Vinciguerra, che si è soffermata sul tema della Giornata, la famiglia. «È bello pensare che la conoscenza e la comprensione siano parte del concetto di famiglia, valori comuni con cui fare fronte alle difficoltà».

Una comunità, una famiglia
«Una comunità, una famiglia» era il titolo del primo appuntamento: una testimonianza a due voci di un periodo fondamentale per l’ebraismo monferrino dalle leggi razziste del 1938 alla rinascita nel Dopoguerra. Le protagoniste sono Adriana Torre Ottolenghi (che ha raccontato di aver compiuto 90 anni il giorno prima, mostrando al pubblico il suo album di matrimonio) ed Elena Ghiron, torinese ma anche lei nel Consiglio della Comunità monferrina. Un intreccio di alberi genealogici, luoghi, mestieri, incontri ramificati con le vicende della grande Storia. Torre Ottolenghi ha citato aneddoti della sua famiglia (padre alessandrino, madre di Ferrara), descrivendo i primi anni della sua vita in Francia e il paradosso che portò il paese a espellere la sua famiglia perché «troppo italiana». Giusto in tempo per spingerla in Italia e subire le leggi razziali promulgate dal fascismo. Adriana ha ripercorso i drammatici anni dal ‘43 al ‘45 stemperati dal bellissimo racconto di come ha conosciuto suo marito Giorgio Ottolenghi (presidente onorario della comunità: oggi 102 anni). Ghiron, nonno vercellese e una parentela con la famiglia Foa di Torino, ha ricordato le vicende con cui i suoi parenti sfuggirono alla Shoah, per poi trovarsi in Svizzera, a Parigi e infine negli Stati Uniti. Come per i Torre e gli Ottolenghi anche la loro salvezza è dovuta ad altre «famiglie»: persone, che non li conoscevano, ma li hanno protetti nel nome dei comuni valori dell’umanità.

Le sinagoghe del Piemonte
Nel pomeriggio è stata la grande «Famiglia degli ebrei piemontesi» ad essere in primo piano. In sala Carmi è stato proiettato il documentario «Sinagoghe del Piemonte», opera del 1999 di Daniele Segre. A ricordare il regista, scomparso quest’anno, è stata ricordata dal figlio Emanuele. «Mio padre aveva uno stile che lo connotava. Amava le storie che altri non volevano raccontare e in questo caso ha voluto confrontarsi con una realtà personale». Carmi ha ricordato l’amicizia che lo legava al padre Elio, a lungo presidente della Comunità, scomparso appena un mese prima di Segre. Nel documentario scorrono le immagini di Torino, Casale, Asti, Cuneo, Mondovì, Alessandria, Vercelli, Saluzzo, Cherasco, Chieri, Biella. Si mischiano alle voci di chi ha vissuto gran parte della sua vita tra queste sinagoghe seminascoste. È il racconto, talvolta in giudaico piemontese, di vicende intime, famigliari, eppure così connesse alla vita di queste città. Molte delle testimonianze sono delle persecuzioni nazifasciste e della Shoah.
La proiezione è la prima di una piccola rassegna cinematografica dedicata a Daniele Segre: seguiranno le sue opere su Lisetta Carmi e Bruno Segre.
Hanno concluso la giornata casalese i saluti di Roberto Gabei, presidente Fondazione Casale Ebraica. «Scegliere il Piemonte come capofila della Giornata in Italia premia una presenza ebraica di 600 anni e personaggi che hanno dato lustro alla storia Italiana», ha commentato Gabei. Claudia De Benedetti, direttrice del Museo di arte e storia ebraica, ha invece sottolineato l’ampia partecipazione del pubblico alla Giornata, con un numero di visitatori superiori al 2023.