LA CRITICA – Assael: Netanyahu gioca col fuoco kahanista

Foschissime nubi si addensano nel cielo di Israele. Stando a quanto riferito dall’emittente Kan, prontamente riportato da tutte le testate mondiali, il premier Benjamin Netanyahu si starebbe apprestando a sostituire il ministro della Difesa Yoav Gallant con il più allineato Gideon Sa’ar e a modificare lo statuto del Monte del Tempio. Due decisioni che si collocherebbero nel solco della linea politica tracciata dal kahanista Ben-Gvir, quello che fino a poco prima di essere eletto esibiva orgogliosamente nel suo studio legale la foto del terrorista stragista Baruch Goldstein. Se Netanyahu andasse davvero in questa direzione, non solo isolerebbe ancor più lo Stato dalla comunità internazionale, mettendo davvero a rischio gli storici Accordi di Abramo perché difficilmente il mondo arabo potrebbe restare indifferente, ma aumenterebbe a dismisura i pericoli per la popolazione civile (già le autorità hanno denunciato il forte rischio di attacchi), oltre che accentuare lo scontro interno ad un Paese che nemmeno il trauma del 7 ottobre è riuscito a ricompattare. Difficile immaginare mosse politiche più sconsiderate. Si svelerebbe, così, che l’alleanza fra il Likud da tempo plasmato sulla sua persona e la destra suprematista, razzista e anti-araba non rispondeva, come si tendeva a credere, a criteri tattici legati ai processi, ma a quadri ideologici con ampi margini di intersezioni. Netanyahu appare ormai in preda ad una sindrome paranoica che lo dipinge come perseguitato da tutti i poteri dello Stato: esercito, servizi segreti, Corte suprema, magistratura, presidenza della Repubblica. Sono, tradizionalmente, i poteri che hanno difeso l’anima liberale del Paese e l’inviolabile principio di separazione dei poteri. Proprio per questo sono finiti nel mirino del sionismo religioso, che ab origine fu un’ideologia tutta volta a fare da ponte fra mondo ortodosso e laico. Basti pensare agli sforzi compiuti da quel genio del ‘900 che fu Avraham Itzhaq HaCohen Kook, purtroppo non accolti dal mondo laico di allora, anche se è una storia che andrebbe ricostruita analiticamente.
In tutto ciò, non si rallegrino i nemici di Israele: il prevalere, tutto da dimostrare, di questa deriva pseudo messianica (il messianismo è una cosa troppo seria per essere lasciata nelle mani di beceri fascisti come Ben-Gvir) conferma, piuttosto, quanto fosse miope la loro tesi per cui il tentativo autoritario a cui assistiamo da tempo sia il logico punto di approdo del sionismo, come se tutti i sionismi fossero uguali. Quello classico è ciò che ha garantito pieni diritti alla popolazione araba, libertà di culto e mantenuto salda la separazione dei poteri. Quello dei Ben-Gvir, degli Smotrich e anche dei Levin è quello che vediamo in azione oggi. È mia convinzione che la parte democratica dello Stato non si arrenderà, ma il prezzo da pagare rischia di essere un redde rationem interno.

Davide Assael