NAPOLI – Una mostra racconta gli Ascarelli tra calcio, impresa e sociale

La foto che richiama l’allestimento è quella di Giorgio Ascarelli, fondatore e primo presidente della squadra di calcio del Napoli. Ma non è l’unico Ascarelli ad avere lasciato un segno nella città partenopea. Giorgio si inserì nel solco tracciato prima di lui tra gli altri dal padre Pacifico, imprenditore nel ramo tessile tra i più importanti d’Europa. E dal cugino Dario, storico presidente degli ebrei napoletani, il cui lascito permise l’acquisto dei locali per la sinagoga e gli uffici comunitari. L’epopea di questa famiglia di imprenditori, filantropi, uomini di cultura di origine romana ma trapiantati alle pendici del Vesuvio nella seconda parte dell’Ottocento è illustrata in trentacinque pannelli (e molte foto) nella mostra  “Ascarelli, un nome e una storia lunga centocinquant’anni”.
Curata dal giornalista Nico Pirozzi e preceduta da una conferenza domenica scorsa in Comunità per la Giornata Europea della Cultura Ebraica, l’esposizione sarà inaugurata nel pomeriggio a Palazzo Serra di Cassano. Con il curatore interverrà Lydia Schapirer, presidente della Comunità ebraica locale. L’obiettivo dell’allestimento è raccontare questa famiglia all’interno di quel “Rinascimento napoletano” di cui fu motore a cavallo tra due secoli, spiega Pirozzi, parlando degli Ascarelli e dei rami collegati Foà e Del Monte quali «precursori del concetto di felicità collettiva, cinquant’anni prima di Adriano Olivetti; ma mentre a Ivrea tutti ricordano e celebrano quella storia, qui a Napoli gli Ascarelli sono stati dai più dimenticati». Un paradosso alimentato dalla scure del fascismo, partendo dalle leggi razziste del 1938 che cancellarono dalla memoria ogni frutto dell’azione di quei maestri «dell’umanesimo socialista, a lungo espressione della miglior società napoletana».
In quello sforzo complessivo su più fronti il calcio fu quasi una nota a margine, «ma proseguendo nei paradossi è da correggere quella stortura per cui il piazzale in cui si trova lo stadio cittadino sia intitolato a un fascista», dice Pirozzi. Il suo nome era Vincenzo Tecchio: avvocato e politico, fu personaggio molto in vista e segretario della commissione della Camera per l’esame dei bilanci e dei rendiconti consuntivi. La speranza di Pirozzi, adottata anche dal Comune, è che il piazzale possa presto prendere il nome del fondatore del Napoli. Non la sola stortura da correggere in città. Come scrive Pirozzi in Ascarelli, una storia italiana (Edizioni dell’Ippogrifo), «asserire che il cognome Ascarelli ha rappresentato quasi un secolo della storia di Napoli, di cui la metà vissuta da protagonista in tutti i campi del vivere sociale, non è una banalità e, tantomeno, un’esagerazione».