ROMA – Rodi ebraica, il viaggio più lungo e i ricordi di Sami

Quello avviato il 23 luglio del 1944 da Rodi e Kos in direzione di Auschwitz-Birkenau fu il viaggio più lungo in assoluto di una deportazione nazista. E fu anche uno dei più drammatici, perché decretò la sparizione di un mondo. Oggi, di fatto, quella comunità un tempo florida non esiste più.
La mostra “Il viaggio più lungo. La deportazione ad Auschwitz degli ebrei di Rodi e Kos”, curata da Marcello Pezzetti e aperta da stamane al pubblico nella sede della Fondazione Museo della Shoah di Roma, ne ripercorre la storia in pannelli, foto d’epoca, filmati con interviste inedite registrate dalla Fondazione Cdec per il suo Archivio della Memoria. «Tra di noi parlavamo in ladino», ha raccontato durante l’inaugurazione Sami Modiano, 93 anni, l’ultimo testimone di quel mondo, ripercorrendo le memorie rodiote d’infanzia ed emozionandosi in particolare davanti alla foto di lui studente di scuola elementare. Quando ancora il futuro sembrava sorridere agli abitanti ebrei dell’isola delle rose, di cui l’Italia entrò in controllo nel 1912. «Quando mi fu detto che ero stato espulso da scuola per via delle leggi razziste mi prese una crisi di pianto», ha spiegato Sami. «L’insegnante mi asciugò le lacrime e mi disse: vai a casa, ti spiegheranno lì. I miei studi si sono fermati alla terza elementare: fu tremendo, non lo digerisco ancora».
La deportazione degli ebrei di Rodi «è una storia terrificante: ad Auschwitz-Birkenau si è chiusa una storia di secoli, se non di millenni», ha dichiarato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni nel suo saluto introduttivo. Ben altre le prospettive con cui era iniziato e si era consolidato il periodo di dominio italiano nel Dodecaneso, ha poi aggiunto il rav, ricordando la fondazione di un Collegio rabbinico che fu diretto tra gli altri dai rabbini Riccardo Pacifici e David Prato. L’inaugurazione dell’allestimento si è aperta con le parole di benvenuto di Mario Venezia, presidente della Fondazione Museo della Shoah, secondo cui «conoscere la storia di ogni singola comunità colpita significa oggi, più che mai, difendere l’umanità da ogni forma di oblio e indifferenza». Antonella Di Castro, vicepresidente della Comunità ebraica di Roma, ha espresso a Modiano la gratitudine degli ebrei romani «per la sua capacità sconfinata di risorgere, prova di una forza catartica cui guardare per affrontare il futuro con caparbia speranza». È anche intervenuta Christina Karagiorga, vice capo missione dell’ambasciata greca: «Preservare la memoria storica è un dovere».

(Nell’immagine: Marcello Pezzetti e Sami Modiano introducono il pubblico alla mostra)