7 OTTOBRE – BHL ci racconta la solitudine di Israele

Appena uscito nella sua traduzione inglese, Israel Alone è l’ultimo libro del filosofo francese Bernard Henri-Levy. Il titolo francese, Solitude d’Israël, era forse ancora più sconfortante, ma ciò non significa che il suo autore creda che lo Stato ebraico sia privo di amici, anzi. Intervistato da Jewish Insider, BHL ha spiegato che non sono solo gli ebrei a essere preoccupati, e che schierarsi con Israele dopo gli attacchi terroristici del 7 ottobre è interesse esistenziale dell’Occidente. E non solo dell’Occidente. Né si aspetta, il filosofo, che coloro che sostengono la democrazia sostengano automaticamente di riflesso Israele, sarebbe ingenuo ma Lévy ritiene che il sostegno a Israele sia necessario perché il 7 ottobre rappresenta un punto di svolta per le forze antidemocratiche, che stanno guadagnando terreno in tutto il mondo. «Sapevo che c’era una costellazione di forze che si stavano allineando: Iran, Cina, Russia, Turchia e Islam radicale, come i Talebani e i Fratelli Musulmani. Non ero sicuro il processo fosse così avanzato». Per BHL la battaglia di Israele contro Hamas a Gaza non è una lotta regionale contro un gruppo terroristico bensì una battaglia dell’Occidente contro l’Iran e le altre nazioni autoritarie con cui Teheran si schiera. Aggiunge che «Se Israele dovesse perdere, sarebbe un disastro per tutti i militanti dei diritti umani nel mondo».
Lévy, che si è recato per la prima volta in Israele nel 1967, è volato in Israele la mattina dell’8 ottobre: non aveva pianificato l’uscita di un libro ma la decisione di scrivere del massacro è arrivata solo qualche giorno dopo, dopo la visita al kibbutz Be’eri. «Mi resi conto con un brivido che il mondo aveva appena assistito a un evento le cui onde d’urto e i cui effetti avrebbero cambiato il corso di tutte le nostre vite, compresa la mia», scrive nelle prime pagine. Poi solleva diverse domande: perché Israele? Cosa fare della narrativa coloniale che prende di mira il paese? Perché una così feroce negazione degli attacchi? E, la cosa che considera più dolorosa: i sostenitori di Israele come possono dare un senso alla morte di gazawi innocenti uccisi nella guerra post 7 ottobre?
È il momento di fare chiarezza da un punto di vista morale: «Neanche durante la Guerra Fredda ci siamo mai trovati in una situazione così critica», spiega, e continua: «i destini di Ucraina e Israele sono strettamente intrecciati, la questione più urgente è trovare il modo di assicurare la vittoria dell’Ucraina contro la Russia e di Israele contro l’Iran». Il suo obiettivo è raggiungere i lettori più lontani: «Questo libro è fatto per coloro che non sono dalla mia parte, è fatto per gli studenti dei campus che vedono da una parte una violenta minoranza antisemita che scandisce slogan e dall’altra studenti ebrei attaccati, insultati e così via. Ci sono molti studenti che non capiscono cosa succede, che sarebbero sono solidali con gli studenti ebrei, vittime di attacchi, e che probabilmente sono intimiditi dal radicalismo di coloro che attaccano. Questo libro è fatto per loro».
La dedica all’inizio del libro è per gli ostaggi israeliani: quando il volume è stato originariamente pubblicato, a marzo, 131 ostaggi erano ancora nelle mani di Hamas. Quel numero è sceso alcuni, pochi, sono stati salvati, altri sono stati dichiarati morti. Sei sono stati uccisi da Hamas in agosto, poco prima che le forze israeliane li raggiungessero. Rimangono 101 ostaggi. Molti di loro non sono più in vita.