ISRAELE – Angelica Calò Livne: Mi dispiace per i libanesi ma dobbiamo reagire
La chat del kibbutz Sasa trilla a ciclo continuo. L’invito, reiterato a ogni ora, è a tenere pronto un bagaglio in caso di evacuazione urgente. E in ogni caso a riempire il mamad, la stanza blindata, con tutto il necessario. Perché la situazione da molto complicata potrebbe presto farsi critica.
«Potremmo dover lasciare il kibbutz in ogni momento», racconta l’educatrice italo-israeliana Angelica Edna Calo Livne da Sasa. Il Libano ed Hezbollah sono appena oltre il confine e la pioggia di razzi e missili è la cifra quotidiana del vivere da queste parti. Nelle ultime ore il contesto è ulteriormente peggiorato e un ordigno sparato da Hezbollah ha avuto come conseguenza il divampare di un ampio incendio «partendo dal nostro frutteto». Per fortuna, aggiunge la donna, «mio marito Yehuda, che è il responsabile della sicurezza qui a Sasa, è riuscito ad attrezzare un camion che ci permette di affrontare scenari del genere senza dover attendere l’arrivo dei pompieri». L’incendio è stato domato, ma due kibbutznik del gruppo della sicurezza «sono stati comunque ricoverati in ospedale per via del fumo inalato nell’operazione di spegnimento delle fiamme».
A Sasa restano al momento una quarantina di residenti. Una ventina fanno parte della sicurezza. Un’altra ventina è «composta da persone che non vogliono andare via. Io stessa voglio restare qui», precisa Angelica. «È una situazione inquietante, i botti fanno paura e dispiace che i missili di Hezbollah si trovino dentro le case di mezzo Libano. Ma noi dobbiamo reagire, non possiamo permettere che Israele venga distrutto».
Angelica è una nota attivista per il dialogo interculturale e interreligioso. L’impegno prosegue anche in questi momenti difficili. «Sono in contatto con tanti ragazzi arabo-israeliani, coinvolti negli anni nella nostra rete educativa», spiega l’attivista. «L’affetto è tale che mi chiamano “mamma”. Continuo a insegnare questi valori all’università, a Tel Aviv. Non via zoom, ma di persona. È importante incontrarsi. Soprattutto oggi».
(Nell’immagine: una veduta aerea del kibbutz Sasa)