CALCIO – Giovedì la sentenza della Fifa su Israele
All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il leader palestinese Abu Mazen ha lanciato l’ennesimo proclama a «fermare il genocidio» a suo dire in atto a Gaza e in Cisgiordania. Nelle parole del presidente dell’Anp, Israele sarebbe responsabile di «uno dei crimini più atroci della nostra era». E pure il resto del mondo avrebbe una sua fetta di colpa, inviando armi a Gerusalemme e non impedendo «questa follia». Israele, ha detto Abu Mazen, dovrebbe essere sospeso dall’Onu.
L’intervento di Abbas, salutato dagli applausi di una parte significativa della sala, si inserisce in una strategia di larga scala per mettere lo Stato ebraico in un angolo. Colpendolo anche in terreni esterni al conflitto come lo sport e in particolare il calcio. Dopo due rinvii rispetto alle scadenze inizialmente fissate per una sentenza, giovedì 3 ottobre la Fifa dovrebbe esprimersi sulla richiesta di sospensione della federazione israeliana promossa da da quella palestinese. L’accusa è la stessa: Israele sta compiendo un «genocidio» e per questo va escluso dalla famiglia del pallone.
È stata l’istituzione con sede a Ramallah a dare notizia della sentenza imminente, comunicando di aver apprezzato «la professionalità e l’imparzialità dimostrate dalla Fifa nel gestire la questione, in particolare nel deferire la questione a esperti legali per una valutazione approfondita» e dicendosi fiduciosa «dell’equità del processo in corso». La controparte israeliana non ha per il momento commentato lo sviluppo. Ma è già nota la sua posizione sull’iniziativa nel suo insieme, definita un «cinico tentativo» di accrescere l’isolamento internazionale dello Stato ebraico. Con l’aggravante che a promuoverla sia stato un ex terrorista come Jibril Rajoub, l’imbarazzante numero uno del calcio palestinese, condannato in gioventù all’ergastolo e poi liberato dopo 15 anni di carcere in uno scambio di prigionieri. Un procedimento dovrebbe essere al limite intrapreso contro di lui, sosteneva in agosto il legale israeliano Arsen Ostrovsky sulle colonne del Jerusalem Post, perché da sempre «l’unica missione di Rajoub, la cui vita abbraccia più di cinquant’anni di politica radicale, è stata quella di glorificare il terrore, incitare alla violenza contro Israele e politicizzare lo sport internazionale».
La partita a Udine
La sentenza della Fifa riguarda da vicino anche l’Italia, perché il 14 ottobre a Udine è in programma la sfida di Nations League tra gli azzurri e la squadra israeliana, già al centro delle polemiche per il mancato patrocinio dell’amministrazione comunale. All’andata, in campo neutro, vinse l’Italia.
Il 3 ottobre è Rosh haShanah, il capodanno ebraico. La speranza della federazione palestinese e dei suoi sostenitori è che il nuovo anno ebraico, nel calcio, sia tutto fuorché «dolce come il miele». A prescindere da come andrà a finire, sono in ogni caso lontani i tempi in cui il presidente della Fifa Gianni Infantino, in visita a Gerusalemme nel 2021, si domandava: «Perché non sognare una Coppa del Mondo in Israele e nei Paesi vicini? Con gli “Accordi di Abramo”, perché non organizzarli qui assieme agli altri Paesi del Medio Oriente e i palestinesi?».
(Nell’immagine: il presidente della Fifa durante una visita in Israele)