ISRAELE – Rabbini capo nazionali: 140 delegati pronti alla scelta

«In che misura accetti il Gran rabbinato di Israele come autorità religiosa o spirituale?», domandava agli israeliani l’Israel Democracy Institute in un sondaggio realizzato a giugno. Il 34% aveva risposto «per nulla» e un altro 20% «non molto». Una dimostrazione di quanto, sottolineava l’emittente pubblica Kan, il Gran rabbinato (o Rabbinato centrale) non goda di grande popolarità nel Paese. Altra domanda: «Secondo te, lo Stato di Israele dovrebbe avere un Gran Rabbinato?». Per il 35% degli intervistati sì, per il 42% sì ma diverso da quello esistente, per il 20% no (un 3% ha risposto non so). In questo clima di disaffezione per un’istituzione che ha un peso notevole nella vita di milioni di israeliani, si terranno il 29 settembre le elezioni dei nuovi rabbini capo d’Israele: uno ashkenazita e uno sefardita. I candidati in corsa per ottenere l’incarico sono otto. A scegliere chi tra loro sarà eletto saranno 140 delegati riuniti a Gerusalemme per votare. Metà dei delegati sono rabbini delle diverse municipalità del paese, parte del Gran Rabbinato d’Israele. L’altra metà è composta da laici: sindaci, legislatori, ministri e altri funzionari pubblici.
Il Gran Rabbinato fu la prima istituzione dell’Yishuv, l’insediamento ebraico precedente alla nascita d’Israele, a essere riconosciuta ufficialmente dai britannici nell’aprile del 1921. Ha autorità esclusiva sulla componente ebraica d’Israele per quanto riguarda nascite, matrimoni, divorzi, certificati di morte, conversioni e certificazioni casher. In questi ambiti ha anche il potere di riconoscere o meno decisioni prese dai rabbini della Diaspora. A guidare l’istituzione, sono i due rabbini capo, il cui incarico dura dieci anni. Gli ultimi sono stati rav David Lau (ashkenazita) e rav Yitzhak Yosef (sefardita), il cui mandato si è chiuso a luglio. Per sostituire il primo si sono candidati cinque rabbini: Kalman Bar (rabbino capo di Netanya), Micha Halevi (rabbino capo di Petah Tikva – sostenuto dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich), Eliezer Igra (già presidente della Corte rabbinica di Be’eer Sheva), Meir Kahana (giudice del tribunale rabbinico di Ashkelon) e Moshe Chaim Lau (esercita a Netanya ed è il fratello dell’ex rabbino capo). Tre invece i candidati per succedere a rav Yosef: il fratello David (rabbino capo di Har Nof), Michael Amos (presidente dell’Alto tribunale rabbinico) e Shmuel Eliyahu (rabbino capo di Safed e sostenuto dal partito Otzma Yehudit).
I due candidati eletti, spiega l’emittente Kan, saranno il risultato di accordi tra fazioni politiche e correnti religiose. Su Makkor Rishon, sito di riferimento per il blocco conservatore e religioso, Ido Pachter suggerisce ai 140 delegati cosa tenere a mente al momento del voto per avere una figura rappresentativa e in grado di ricostruire la fiducia nell’opinione pubblica israeliana. «Il rabbino capo ricopre una carica statale e quindi deve essere identificato con il valore dello stato. Non deve proteggere l’ebraismo dallo Stato, ma piuttosto deve farlo progredire al suo fianco. Che cosa significa in concreto? Innanzitutto e soprattutto deve sostenere il servizio militare per tutti», scrive Pachter. Un tema molto sentito alla luce delle polemiche in Israele per l’esenzione degli studenti delle scuole religiose dalla leva obbligatoria.
Inoltre il futuro rabbino capo, prosegue la firma di Makkor Rishon, «deve identificarsi con le sfide che lo Stato e la società israeliana devono affrontare (come la conversione) e lavorare per risolverle. Non deve essere un rappresentante di un certo settore e (…) ricordarsi che rappresenta tutti gli ebrei nel mondo e quindi deve rispettare ed essere in contatto con l’ebraismo della diaspora. Inoltre, è il rabbino capo di un Paese che ha anche minoranze non ebraiche, e deve confrontarsi con loro con rispetto».