IRAN – L’attivista anti-regime: ayatollah fragili, Khamenei solleva fumo
«Se reagite sarà la fine», ha tuonato la guida suprema dell’Iran Ali Khamenei rivolgendosi a Israele al termine dell’attacco missilistico delle scorse ore. Parole che non impressionano Rayhane Tabrizi, attivista iraniana tra le più esposte in Italia nella denuncia dei crimini del regime degli ayatollah e più volte in piazza anche al fianco dello Stato ebraico, per difendere il suo diritto a esistere. «Il regime ha bisogno di sollevare un po’ di fumo, di fare del circo. Ma non è in alcun modo in grado di entrare in una guerra “vera” contro Israele, ne verrebbe sconfitto», sostiene l’attivista, che vive a Milano ed è parte del movimento internazionale Donna, vita, libertà. Interpellata da Pagine Ebraiche, Tabrizi sostiene che la teocrazia iraniana sia in un momento di particolare debolezza, evidente sotto vari aspetti, perché è «senza l’appoggio di gran parte del popolo e con forti scissioni anche all’interno della sua struttura di potere». Secondo vari osservatori lo si è visto anche in quest’ultima circostanza, con il presidente Masoud Pezeshkian apparentemente informato dell’attacco soltanto pochi istanti prima del via. Così almeno riferisce il New York Times, citando fonti israeliane.
Negli scorsi giorni il primo ministro di Gerusalemme, Benjamin Netanyahu, ha diffuso un video in cui afferma che «quando l’Iran sarà finalmente libero, tutto sarà diverso», precisando che «quel momento arriverà molto prima di quanto la gente pensi». Il pensiero di Tabrizi è che «l’Iran debba liberarsi da solo: non è Netanyahu che viene a salvare noi, siamo noi che dobbiamo salvare noi stessi». In ogni caso, gli avvenimenti di questo turbolento periodo «possono essere usati come una leva per procedere in quella direzione, la fine del regime». Forse i tempi non sono ancora maturi. Ma, a detta di Tabrizi, potrebbero essere ora più vicini. L’attivista è coinvolta in queste settimane in molte iniziative pubbliche. È in definizione ad esempio una tre giorni di sit-in davanti alla sede del Parlamento europeo a Milano, per protestare contro le condanne a morte ed esecuzioni inflitte dal regime. Anche sotto il “moderato” Pezeshkian, il boia resta sempre a pieno servizio.
Adam Smulevich