7 OTTOBRE – La manifestazione: Difendere Israele, per difendere l’Occidente
«Israele è solo e da solo combatte per la sua sicurezza». Si è aperta con questa amara constatazione di Stefano Parisi, il presidente dell’associazione Setteottobre, la manifestazione “7 ottobre. Attacco all’Occidente” organizzata a Roma un anno dai pogrom di Hamas. Tra i relatori l’ex primo ministro francese Manuel Valls e l’ex vicecancelliere tedesco Joschka Fischer. Non una commemorazione, ha precisato Parisi, ma un’occasione per riflettere, affinché l’Occidente capisca che difendere Israele significa difendere «noi stessi» e la «cultura della vita».
«Questa lotta è la nostra lotta. Una lotta essenziale», ha esordito Valls. «La guerra è sempre un orrore intollerabile e sono sempre troppi i morti civili. Ma la responsabilità principale ricade sugli islamisti che si fanno scudo popolazione della civile. Israele combatte per la sua sopravvivenza», ha sottolineato l’ex premier, nel parlare dell’uso strumentale della bandiera palestinese nelle piazze, tema caldo in queste ore, diventato anche a sinistra «lo stendardo di tutti coloro che rifiutano i valori occidentali per giustificare la loro alleanza con l’islamismo». L’antisionismo è diventato oggi «l’antisemitismo “democratico”, messo a disposizione di tutti», ha accusato nel merito Valls. E il 7 ottobre «si è svelato l’odio per i nostri valori umanisti», ha poi aggiunto. Una deriva da contrastare, tenendo ben presente la minaccia alle spalle di Hamas e di Hezbollah «dell’Iran», perché se non si capisce questo non si ha contezza della «realtà geopolitica».
«Israele ha bisogno della nostra solidarietà. È semplicemente “ridicolo” che i discendenti di sopravvissuti alla Shoah siano accusati di essere dei perpetratori di altrettanto», ha affermato Fischer. «Dobbiamo combattere contro questa corrente di pensiero. Sarà una lotta di lungo termine, tutto rema contro chi la pensa come noi. Ma non deve preoccuparci più di tanto: se uniti potremo avere successo; anzi, dobbiamo avere successo».
Molte voci sul palco della manifestazione, condotta dai giornalisti Giancarlo Loquenzi e Stefania Battistini. Per lo storico Ernesto Galli della Loggia, «il 7 ottobre ci ha messo di fronte alla realtà: fino ad allora pensavamo di essere parte della maggioranza, di rappresentare il senso comune». Il pogrom è stato uno spartiacque, l’inizio di una nuova consapevolezza su Israele, l’Occidente, i valori in gioco. Nella distorsione di senso in auge, lo storico ed editorialista del Corriere ha puntato il dito contro le responsabilità della Chiesa cattolica, da lui definita una «ong progressista» che trasformato «l’ebreo Gesù in un Gesù palestinese». Paola Concia, attivista per i diritti civili, ha evocato la «ferita grande» con cui si confronta dal 7 ottobre: la partecipazione massiccia di quel mondo alle manifestazioni in cui si inneggia alla distruzione d’Israele «dal fiume al mare», la «giustificazione» degli stupri, il «cortocircuito» che partendo da qui «mina l’intero Occidente». Sulla stessa lunghezza d’onda l’esperta inglese di diritto internazionale Natasha Hausdorff, direttrice legale dell’organizzazione “Avvocati per Israele”, che si è soffermata sulla delegittimazione in atto a più livelli e affermato: «Israele sta combattendo una guerra. Una guerra per la civiltà occidentale».
Adam Smulevich