ROMA – 7 ottobre, 9 ottobre: il ricordo che unisce
Il cittadino italiano Victor Green, 33 anni, è la settima vittima dell’attentato terroristico di Jaffa. «Il legame tra Italia e Israele passa purtroppo anche da questo», ha dichiarato Jonathan Peled, il neoambasciatore dello Stato ebraico a Roma, intervenendo in un Tempio Maggiore gremito per il ricordo di due tragici eventi: il pogrom del 7 ottobre, a un anno dalla carneficina; l’attentato palestinese alla sinagoga del 9 ottobre 1982. C’è un legame, ricordava la Comunità ebraica nel dare appuntamento alla commemorazione. E non soltanto perché in entrambi casi era Shemini Atzeret, festa gioiosa trasformatasi in tragedia. Ma perché permane la stessa, esistenziale, minaccia del terrorismo. «Israele non voleva questa guerra», ha detto l’ambasciatore, al suo primo intervento pubblico dall’insediamento. «Ma non possiamo permetterci di perderla, e per questo la vinceremo. Faremo di tutto per riportare a casa i nostri fratelli e sorelle a Gaza, continueremo a lottare contro l’estremismo, la minaccia dell’Iran, l’antisemitismo in Italia e nel mondo. Ce la faremo, tutti insieme». Unità: un concetto evocato in apertura anche da Gadiel Gaj Taché, fratello del piccolo Stefano vittima a due anni del terrorismo palestinese, gravemente ferito a sua volta nell’attacco al Tempio.
«Avevamo bisogno di stare tra di noi, di compattarci», il messaggio con cui ha aperto il suo intervento. Per poi aggiungere: «Oggi è caduta ogni maschera dei cosiddetti “pacifinti”; la formula “due popoli, due stati” è sempre stata una barzelletta, non perché non la vogliamo noi, ma perché non è mai stata voluta dai palestinesi». Parafrasando Primo Levi, il rabbino capo Riccardo Di Segni ha mosso un’accusa verso chi, «al sicuro nelle proprie tiepide case, pensa di insegnare la morale a chi rischia la vita». È chiaro l’intento di tanti manifestanti anti-Israele, ha proseguito il rav con amaro sarcasmo: «Vogliono distruggere Israele: non sono antisemiti, però vogliono uccidere altri sei milioni di ebrei». Victor Fadlun, il presidente della Comunità ebraica, si è domandato «come facciano ragazzi di scuole e università a essere così sciocchi», non capendo «il mondo omofobico e illiberale» per il quale scendono in piazza. «Pasolini li detestava questi ragazzi». Israele, in ogni caso, «vincerà, perché non è isolato». Per Fadlun lo si è visto «con tanti arabi sunniti in festa dopo l’uccisione di Nasrallah» e con le parole di vicinanza all’alleato della Casa Bianca. Ha concluso la serata, condotta dal giornalista David Parenzo e con interventi dei gruppi giovanili e testimonianze registrate da Israele, una riflessione di Eitan Della Rocca: «Si è concluso un anno di dure prove. Dobbiamo essere consapevoli che Hashem è con noi, che continua a instradarci verso una speranza».
Adam Smulevich
(Nell’immagine interna: palloncini gialli, all’esterno del Tempio, per chiedere la liberazione degli ostaggi)