7 OTTOBRE – L’abbraccio di Milano alla Comunità ebraica Rav Arbib: Non arrendiamoci all’odio

Una lunga fila paziente, sotto gli ombrelli e la pioggia, si snoda davanti all’ingresso della sinagoga di via Guastalla, a Milano. Centinaia di persone entrano nel tempio, altre 500 rimangono fuori. Una folla arrivata per partecipare alle commemorazioni per l’anniversario del 7 ottobre e per dare un segnale di vicinanza alla Comunità ebraica della città. «È un segnale confortante. Ne avevamo bisogno. Non mi aspettavo così tante persone, grazie di essere qui», afferma il rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib, tra i primi a parlare in una lunga serata di interventi. Sono presenti le autorità, dal presidente del Senato Ignazio La Russa al sindaco Giuseppe Sala, dal presidente della Lombardia Attilio Fontana al presidente del Copasir Lorenzo Guerini. Tra i banchi si è seduta anche la senatrice a vita Liliana Segre, accolta da un prolungato applauso e citata dal sindaco Sala come «la nostra guida morale», soprattutto in questo periodo difficile.
«È passato un anno. Un anno in cui tutto è cambiato», sottolinea in apertura Ilan Boni, vicepresidente della Comunità ebraica milanese. Si ricorda ai presenti cosa è stato il 7 ottobre 2023: il più grave eccidio di ebrei dopo la Shoah. Un pogrom in cui sono state assassinate, ferite, rapite migliaia di persone. In loro ricordo il tempio si ferma per un minuto di silenzio, poi riecheggia la richiesta più volte ribadita nel corso della serata: liberate gli ostaggi.
L’appello più forte arriva alla fine, da Liran Berman. I suoi due fratelli Ziv e Gali da un anno sono nelle mani di Hamas, rapiti il 7 ottobre dal kibbutz di Kfar Aza. Un mese fa i due gemelli hanno compiuto in prigionia il loro 27esimo compleanno. «Dal loro rapimento, il mio unico obiettivo è riportarli a casa, assieme a tutti gli ostaggi. Sono loro i protagonisti, sono loro gli eroi che da oltre un anno resistono nei tunnel di Gaza». Berman, con gli occhi rossi, chiede poi al pubblico di cambiare l’ordine delle parole: «È la liberazione degli ostaggi che porterà al cessate il fuoco».

Walker Meghnagi
Anche il presidente della Comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi insiste per fare chiarezza: «In questa guerra c’è un aggredito e un aggressore. Israele è stato aggredito e certo non voleva questo conflitto. Non può essere lasciato solo a combattere il male, ma tutto l’Occidente deve essere al suo fianco». Meghnagi ringrazia poi i presenti, tra cui la ministra del Turismo Daniela Santanché, e in particolare si rivolge al sindaco Sala. «Ci sono state delle incomprensioni tra noi. Per me è tutto passato. Dobbiamo lavorare insieme».
Una delle sfide più pressanti è la lotta all’antisemitismo. «Mi ha stupito l’ondata d’odio dopo il 7 ottobre», confessa rav Arbib, che denuncia «come l’empatia per Israele e gli ebrei nel giro di poche ore sia sparita. Non da parte di tutti e la vostra presenza qui ne è la dimostrazione, ma da parte di tanti». È «allucinante» ad esempio come «poco dopo il 7 ottobre siano state strappate le foto degli ostaggi» distribuite a Milano e in tutto il mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica. È la dimostrazione «di un fallimento educativo» così come i tanti gravi episodi di antisemitismo di questi mesi. «Ma davanti a questo fallimento», avverte Arbib, «non ci si può arrendere. È il momento di rimboccarsi le maniche e provare a rimediare».

Milo Hasbani
Concorda Milo Hasbani, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, nel chiedere un cambiamento. C’è troppa disinformazione su Israele e sugli ebrei denuncia. «La disinformazione porta antisemitismo. Se non sei informato, se non sai come stanno le cose, non puoi giudicare». Un tema centrale della serata su cui la Comunità ebraica ha chiesto ad alcuni giornalisti ed esperti di intervenire: Giuliano Ferrara, Ilaria Borletti Buitoni, Daniele Capezzone, Klaus Davi, Iuri Maria Prado, Mario Sechi e Pietro Senaldi. Tutti si soffermano sulle letture distorte di questo conflitto: dall’accusa di genocidio a Israele, ai silenzi colpevoli dei movimenti femministi di fronte alle violenze di Hamas. A riguardo il sindaco Sala sottolinea: «Il 7 ottobre è stato un insulto, più di tutto alla donna» e ricorda le centinaia di donne vittime di abusi sessuali, mutilazioni, uccisioni da parte dei terroristi palestinesi. Alcune sono ancora prigioniere. Loro e tutti gli ostaggi devono essere liberate, ribadisce Sala. «Dobbiamo impegnarci tutti per questo».

Ignazio La Russa
Il presidente del Senato La Russa esordisce rivolgendosi agli ebrei milanesi. «Mi avvicino a voi in punta di piedi conscio che la mia provenienza politica possa essere creare imbarazzo». Poi sottolinea di condividere «il dolore della comunità ebraica» per il 7 ottobre e per l’antisemitismo crescente. «E lo devono condividere tutti gli italiani che hanno amore per verità e giustizia». Sul piano politico, cita la soluzione per due popoli e due stati. «Potrà essere oggetto di lavoro diplomatico solo quando dall’altra parte, dall’Iran al mondo arabo, si accetterà il diritto a esistere d’Israele. Non si può pretendere una pace ingiusta, perché quando è ingiusta non si chiama più pace, ma si chiama resa. E la resa per Israele significa sparire». Di «guerra di civiltà contro inciviltà», parlano il presidente della Lombardia Fontana e il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha inviato un video messaggio. Il presidente del Copasir Guerini sottolinea il «diritto inalienabile d’Israele di difendersi, nel rispetto del diritto internazionale» e di «disarmare chi ne vuole la distruzione». Giuliano Ferrara cita invece il cantante Herbert Pagani per riassumere l’attuale condizione dello stato ebraico: «Mi difendo dunque sono».

d.r