7 OTTOBRE – L’ambasciatore Sideman: La pace si fa con chi ci riconosce

Rappresentanti della curia, del mondo ebraico e del corpo diplomatico hanno preso parte alla commemorazione del 7 ottobre organizzata dall’ambasciata d’Israele in Vaticano alla Casina dei Vallati, la sede della Fondazione Museo della Shoah di Roma. Nel suo primo intervento pubblico dall’insediamento e dalla presentazione delle credenziali a papa Francesco, il neo ambasciatore Yaron Sideman ha ricordato che il 7 ottobre è stato un attacco non soltanto a Israele, ma «ai valori fondamentali che tutti noi amiamo e che ci guidano come individui e società: libertà, giustizia, diritti e dignità umana». Per questo, ha specificato, «dovremmo tutti unire le forze per garantire che questi valori trionfino». Nel merito Sideman si è riferito alla Chiesa cattolica, ieri rappresentata tra gli altri dall’arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali, lodando «i ripetuti appelli del papa per la liberazione degli ostaggi, così come la sua decisione di fare del 7 ottobre un giorno di preghiera e digiuno per la pace». Sideman ha citato poi di nuovo il pontefice, evocando un suo recente intervento in cui ha parlato di «male con i giorni contati» e di «responsabilità della speranza». Concetti su cui si è detto d’accordo, aggiungendo che la speranza è incardinata nell’essenza stessa dello Stato ebraico. A partire dal suo inno, l’Hatikwa. Una speranza, ha detto l’ambasciatore, «che ci permette di aspirare a un futuro migliore, invece di sprofondare e perpetuare la disperazione passata». Il diplomatico ha parlato più volte anche di «pace». Sottolineando come possa essere fatta solo «con coloro che riconoscono a Israele il proprio diritto di esistere, non con coloro che sono impegnati nella sua distruzione» come Hamas, Hezbollah e alle loro spalle il regime degli ayatollah in Iran. Affinché la pace prevalga, ha aggiunto Sideman, «gli ostacoli alla pace devono essere rimossi».
Alla commemorazione è intervenuta anche Ella Mor, la zia della piccola Abigail Edan. Quattro anni, cinquanta giorni nelle mani di Hamas, il suo volto è diventato uno dei simboli del pogrom e dei rastrellamenti terroristici. Dopo aver preso la parola al Tempio Maggiore, davanti tra gli altri alla premier Giorgia Meloni, Mor ha portato alla Casina dei Vallati un’ulteriore testimonianza sul 7 ottobre e acceso delle candele in ricordo delle vittime del massacro insieme a monsignor Gallagher, all’ambasciatore Sideman e a Mario Venezia, il presidente della Fondazione Museo della Shoah.

a.s.

(Foto: F. Giuliani)