KIPPUR – Rav Roberto Della Rocca: Un popolo, un digiuno, un destino
È noto che il giorno di Kippùr, assieme al Seder di Pesach, resta la tradizione più sentita presso il popolo ebraico. Il paradosso è che anche quella grande percentuale di ebrei che si dichiarano “laici” vive un particolare rapporto con il Kippùr, che costituisce, invece, la festa più “religiosa” e meno storicizzabile del calendario ebraico. C’è chi legge in questo fenomeno una sorta di scorciatoia che gli ebrei intravedono nel digiuno di Kippùr dove in un unico giorno si vorrebbe assolvere ai propri doveri ebraici; quell’una tantum, del tutto fuori dall’ordinario, con cui i cosiddetti Kippùr Juden, “gli ebrei del Kippùr”, cercherebbero di compensare un impegno che dovrebbe essere continuo e quotidiano. C’è comunque chi privilegia l’aspetto materiale, direi folkloristico del Kippùr. Si digiuna pensando al cibo che ci attende la sera, ma pur sempre si digiuna. C’è poi chi vive nell’osservanza del Kippùr una dimensione familiare, sociale, comunitaria, anche nel profondo: giorno di confessione collettiva, di presa di coscienza, di riconciliazione.
Credo però che nell’essenza di questo giorno straordinario ci sia invece una paradossale verità e cioè che gli ebrei siano nella loro essenza molto più intrisi di Torà di quanto vogliano ammettere. C’è una frase dello Zohar, il testo base della Qabalà, che è sconvolgente per chi l’accetta nel suo pieno significato esistenziale: «Israel, kudshà berich hu, vehorayità, had hu», «il popolo di Israele, il Santo Benedetto Egli Sia e la Torà sono un’unica e identica cosa». Nel giorno di Kippùr gli ebrei si riuniscono nei batè hakeneset per rinnovare questo patto affinché ogni singolo ebreo accetti su di se la missione che il destino ci ha affidato.
In questo Kippùr 5785, caratterizzato dall’angoscia e dalla trepidazione per le sorti dello Stato d’Israele e del popolo ebraico tutto, siamo chiamati ancora di più di altre volte alle nostre responsabilità. Una guerra per la sopravvivenza, per Israele, non è mai una guerra che riguarda solo i soldati, perché da sempre si tratta di difendere l’incolumità fisica e spirituale del nostro popolo, consapevoli di essere testimoni di una storia unica e di un destino unico. E questa difesa è uno dei precetti della Torà che riguarda, con le debite differenze, i soldati come ogni singolo ebreo.
Rav Roberto Della Rocca