NOBEL PER LA PACE – Guterres e Unrwa tra i papabili
In lizza anche due ong israeliane

Domani a Oslo sarà assegnato il Premio Nobel per la Pace. Mentre impazza il totonomi sul possibile vincitore, vari bookmakers pongono tra i favoriti organismi e personalità dai discutibili requisiti. A partire dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, spesso al centro delle cronache per motivi non proprio encomiabili. Israele ha in particolare accusato nove dipendenti dell’agenzia di aver partecipato ai massacri del 7 ottobre e la circostanza è stata in parte ammessa dalle Nazioni Unite, anche se con faticosa lentezza: «Potrebbero essere stati coinvolti…». L’agenzia Onu non è l’unico potenziale vincitore ostile a Israele. Nella lista dei “papabili” figura secondo vari media internazionali anche Antonio Guterres, il segretario dell’Onu, che appena pochi giorni fa Gerusalemme ha dichiarato «persona non grata» per la sua linea sui vari fronti di guerra aperti (e soprattutto per i suoi silenzi contro i propositi iraniani di annientamento d’Israele). Tra gli organismi internazionali spicca anche il nome della Corte internazionale di Giustizia, che contro lo Stato ebraico ha stabilito alcune «misure cautelari» al fine di «impedire il genocidio» dei palestinesi.
Se ne dibatte da giorni. “A Nobel Prize for Terror?”, si è chiesto tra gli altri il Wall Street Journal, sottolineando come nel tempo il titolo sia andato «ad alcuni destinatari immeritevoli». Eppure, ciò premesso, «l’elenco dei candidati di quest’anno è al di là della media». Di recente Henrik Urdal, il direttore del Peace Research Institute di Oslo, ha aperto alla possibilità di una vittoria dell’Unrwa per «il lavoro estremamente importante» che starebbe svolgendo per i civili palestinesi. In risposta, una ong israeliana ha lanciato una petizione in cui si sostiene che una scelta del genere manderebbe «un messaggio contraddittorio in merito ai valori di pace e riconciliazione». Due le organizzazioni israeliane candidate al Nobel per la Pace, riporta il Jerusalem Post. Si tratta di EcoPeace Middle East, attiva nel campo della cooperazione idrica con sedi a Tel Aviv, Ramallah e Amman. E del movimento femminista Women Wage Peace di cui faceva parte l’attivista Vivian Silver, assassinata il 7 ottobre nel kibbutz Be’eri.