ISRAELE – I droni di Hezbollah e la lezione ucraina

«È incomprensibile: non sono stati attivati allarmi che avrebbero mandato tutti nei rifugi. Non voglio definirlo un errore, ma qualcosa è andato storto. Un drone è stato intercettato, ma l’altro è scomparso. Qualcosa non è andato per il verso giusto». È il commento a ynet di uno dei parenti dei feriti nell’attacco compiuto da Hezbollah contro una base della Brigata Golani vicino a Binyamina, nel nord d’Israele. Nell’attacco quattro giovani militari sono stati uccisi e una sessantina sono rimasti feriti. Secondo le ultime ricostruzioni, il drone era un modello Sayyad 107 progettato in Iran e largamente usato da Hezbollah. I sistemi di difesa non l’hanno identificato anche grazie al diversivo creato dai terroristi libanesi, che in contemporanea hanno sparato una raffica di razzi e puntato altri due droni verso la Galilea occidentale. In generale poi i droni sono più difficili da intercettare, spiega Yehoshua Kalisky, consulente del Centro di ricerca nucleare del Negev. Una complessità dovuta «alle loro piccole dimensioni, al loro volare bassi e alla capacità di variare velocemente tragitto», scrive Kalisky sul sito dell’Institute for National Security Studies di Tel Aviv. L’esperto spiega che Israele sta lavorando a delle contromisure. In particolare a cannoni laser in grado di identificare e abbattere con maggiore facilità i droni e «in un futuro lontano, a un sistema di microonde capace di disturbarne l’elettronica».
L’esempio di Kiev
Il tragico incidente a Binyamina, aggiunge Kalinsky, dimostra come «Israele non abbia il privilegio di sbagliare un’intercettazione, e ciò rappresenta una sfida tecnologica». Una sfida condivisa con l’Ucraina. Qui i droni di fabbricazione iraniana sono usati dalla Russia con le stesse modalità di Hezbollah: colpire civili inermi così come obiettivi militari. Oltre a potenziare il sistema antiaereo, spiega Alex Nirenburg, corrispondente dall’Ucraina per l’emittente Kan, Kiev ha potenziato l’uso dei mezzi radioelettronici per deviare i droni dalla loro rotta. «I droni kamikaze volano secondo un segnale di navigazione satellitare. L’obiettivo della guerra elettronica è interrompere il segnale originale o sostituirlo con un altro», ha spiegato a Nirenburg un esperto ucraino. Un modello, conclude il giornalista, da cui Tsahal potrebbe prendere spunto.
Secondo l’analista di ynet Ron Ben-Yishai nella guerra dei droni, in Ucraina come in Israele, «la sfida principale rimane quella di individuarli e tracciarli in anticipo. Volano molto bassi, sfruttano le vallate e le caratteristiche del terreno per nascondersi prima di alzarsi velocemente e schiantarsi contro i loro obiettivi. Non c’è ancora una soluzione adeguata a questo problema, il che probabilmente spiega la mancanza di sirene di allarme e il motivo per cui il drone a Binyamina ha ferito così tante persone».

d.r.