ISRAELE – Il dopo-Sinwar: tregua o ultima spallata a Hamas?
L’eliminazione del capo di Hamas Yahya Sinwar, ucciso a Rafah il 16 ottobre, apre un interrogativo sul futuro della guerra a Gaza contro Hamas: quanto durerà ancora? Da una parte, in particolare i famigliari degli ostaggi chiedono al governo israeliano di sfruttare il momento di debolezza del gruppo terroristico per siglare un accordo e riportare a casa i 101 rapiti ancora prigionieri a Gaza. Dall’altra nell’esecutivo e nell’opinione pubblica c’è chi vuole continuare la missione per smantellare Hamas ora che ha perso il suo leader, l’architetto delle stragi del 7 ottobre. La sua uccisione rappresenta una vittoria contro il male, hanno sottolineato Gerusalemme e molti governi alleati, anche se in alcune piazze italiane manifestanti pro palestinesi hanno provato a definire il terrorista Sinwar un eroe.
Per Washington la sua eliminazione è stata «un momento di giustizia e un’opportunità». L’amministrazione Biden sostiene l’opzione di una tregua immediata, esclusa per il momento da Israele. «Non ci sarà nessun progresso sostanziale nei colloqui per il cessate il fuoco finché non avremo finito con l’Iran», afferma una fonte governativa a ynet.
Israele da settimane prepara la risposta al regime di Teheran per l’attacco del 1 ottobre. Una risposta che si prevede ancor più dura dopo quanto accaduto nelle ultime 24 ore: il tentativo di colpire direttamente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. L’obiettivo era la sua casa privata a Cesarea, presa di mira da tre droni lanciati da Hezbollah dal Libano. Due sono stati intercettati, ma il terzo è esploso nella cittadina a nord di Tel Aviv. «Gli agenti dell’Iran che hanno cercato di assassinare me e mia moglie oggi hanno commesso un grave errore», ha commentato Netanyahu. Al momento dell’attacco la casa di Cesarea era vuota, ma rimane la gravità dell’episodio. «È essenzialmente un attacco contro lo stato d’Israele e i suoi simboli», ha commentato il ministro della Difesa Yoav Gallant. «Continueremo ad attaccare qualsiasi attore terroristico e colpire con forza qualsiasi nemico che tenti di danneggiarci», ha affermato Gallant. «Le nostre azioni in tutto il Medio Oriente», ha aggiunto, «lo hanno dimostrato finora e sarà così anche in futuro». Azioni concentrate nelle ultime settimane nel nord, dove la guerra con Hezbollah prosegue. I razzi dei terroristi libanesi rappresentano una minaccia costante: nelle ultime 24 ore quasi duecento sono stati sparati contro l’area di Haifa e della Galilea Occidentale. Un uomo, Alexei Popov, 51 anni, è morto ieri per le schegge di un razzo, mentre cercava riparo a bordo di una strada. Nell’esprimere il suo cordoglio, Gallant ha ribadito che l’operazione per mettere in sicurezza il nord d’Israele non si fermerà. I soldati di Tsahal stanno combattendo nel sud del Libano per smantellare le infrastrutture di Hezbollah, mentre l’aviazione militare continua nelle eliminazioni mirate dei leader del movimento.
(Nell’immagine, una riunione nella base militare Kirya, a Tel Aviv, tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i vertici delle forze di sicurezza)