SHIRIM – Nostalgia (Michelstaedter)

Nostalgia

Ma un vento lieto giù dalla montagna/invade la natura senza luce/che per pioggia e per nebbia si dissolve,/e delle nubi oscure la continua/trama dirompe, e la diffusa nebbia/leva ed in nembi bianchi la sospinge/giocosamente;/e ride il sole volto ad occidente,/ed i monti lontani e le colline
/boscose e la pianura/risuscita ugualmente illuminando/nella lor gloria varia/delle ben note forme all’abitante./ Ma splendono più chiare e più serene/festevolmente,/poichè più luminosi si rimandan/i generosi a lor raggi del sole./Riluce il monte e il piano,/e il ciel riluce/ di verde luce presso all’orizzonte,/e in alto nell’azzurro/l’ultime nubi fuggono ed il sole/con lieto riso/tinge di rosa gli orli alle fuggenti. Ahi, come tutta la natura in breve/si rasserena/nella pacata luce,/e la pena passata e il lungo tedio/dei giorni grigi oblia: ché solo a gioco/s’era offuscata, ed or con nuovo gioco/si rinnovella e rifulge più pura./Ma il cor mi punge con tristezza amara/che il dì ripensa della gioia
e l’alba luminosa e la speranza/folle e sicura, quando/con lieto viso, incontro al nuovo sole,/levai il primo canto, e la sua luce/era certa promessa alla mia speme/- e le dolci figure del mio sogno
/che appena avvicinate dileguaro/ tristi, perch’io ver lor fervidamente/mi protendessi/e in me le volessi, me stesso in loro/tutto esauriva. /Voler e non voler per più volere/mi trattenne sull’orlo della vita/ad angosciarmi in aspettar mia volta,/ ed ai giochi d’amore ad alle imprese
/giovanili mi fece disdegnoso./A qual pro? Ma alla veglia dolorosa/una fiamma splendeva e la nutriva/una speme più forte./Ché se al lieto commercio e del piacere/al giocondo convito l’imperioso/battere mi togliea del mio volere/impazïente, e mi togliea ‘l fatale/precipitar dell’ora, nel futuro/pur m’indicava la mia ferma fede/un giorno ed una gioia senza fine, /e l’affrettava./Ahi, quando pur m’illuse la mortale/mia vista che di fuor ci finge certo,/quanto ci manca sol perchè ci manca —/‘vuoto il presente, vuoto nel futuro/senza confini ogni presente, placa/il voler tuo affannoso!/non chieder più che non possa natura!’/— Ma il cor vive, e vuole, e chiede e aspetta/ pur senza speme, aspetta e giorno ed ora,/e giorno ed ora nè sa che s’aspetta,/e inesorabilmente/passan l’ore lente./Così è fuggita e fugge giovinezza/ed i miei sogni e la speranza antica/nel mio cupo aspettar ancor ritrovo/insoddisfatti./Che mi giova, o natura luminosa,/l’armonia del tuo gioco senza cure?/Ahi, chi il tuo ritmo volle preoccupare,/rientrar non può nei tuoi eterni giri/ad ozïare/nel lavoro giocondo ed oblïoso!/E suo destino attender senza speme/né mutamento,/vegliando, il passar de l’ore lente.
Dicembre 1909
(antivigilia dell’anno nuovo)

Nostalgia, il titolo che Carlo Michelstaedter (1887-1910) diede agli splendidi versi proposti.
Versi che rassomigliano a un impetuoso meditare, a un sognare da svegli tristi sogni.
Ride il sole d’in su la collina, illumina l’alba il mondo con il suo viso d’oro. Il cuore del poeta segue il passo in mille giri vorticosi, anelando, come la rondinella, un rifugio che dia la pace.
Scorrono lente le ore, rassegnate attese desinate a mutarsi in tedio, in sonno, in improvvisi slanci già colmi di stanchezza. E la natura stride l’insondabile vita, rigurgitando sgraziati gli inverni, infondendo roventi primavere nelle diafane vene azzurre.
E nel sentire il rigirarsi uguale del tempo, l’attesa che non conduce a una meta lontana dal più cupo dei sogni, si tramuta, così, la vita, in un intenso sprazzo che molte cose intende e poche spera. L’annuvolarsi diuturno dei giochi, il parco smagrirsi dei novembrini soli.
Nostalgia che è già metamorfosi e fine.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno