TORINO – Gat, Eyal e Shechter, la danza israeliana conquista il pubblico italiano

In tempi in cui l’immagine di Israele è sempre più demonizzata e distorta, gli applausi scroscianti e le standing ovation a tre compagnie di danza israeliane rappresentano un segnale di speranza. Accade in queste settimane al TorinoDanza Festival, rassegna che da anni porta in scena grandi e affermate firme della coreografia contemporanea così come nuove tendenze. Tra loro, alle Fonderie Limone di Moncalieri (Torino), quest’anno sono protagoniste anche tre compagnie di danza arrivate da Israele. A partire dall’inaugurazione del Festival, affidata al coreografo Emanuele Gat e al suo spettacolo Freedom Sonata. Un inno, tra Beethoven e musica rap, «alla danza come pratica collettiva di conoscenza e comprensione del mondo», spiegano gli organizzatori della rassegna.
Classe 1969, dopo il servizio militare Gat ha iniziato il suo percorso artistico all’Accademia di Musica Rubin di Tel Aviv. A 23 anni ha avuto il suo primo incontro con la danza, partecipando ad un workshop del coreografo Nir Ben Gal. Un’esperienza che lo ha portato pochi mesi dopo ad entrare nella compagnia di danza di Gal, esibendosi sui palcoscenici di tutto il mondo e contribuendo alla realizzazione di due spettacoli. Nel 1994 Gat ha inizio la sua carriera da coreografo indipendente, che lo ha portato a dar vita a decine di spettacoli e a fondare nel 2004 a Tel Aviv la propria compagnia, la Emanuel Gat Dance. «Se dovessi definire i miei 30 anni di lavoro, direi: il perfezionamento di un sistema umano, ovvero il modo in cui gli individui si riuniscono, accedono al loro massimo potenziale, convivono e collaborano», spiega Gat sul suo sito.
Dopo di lui è andata in scena Sharon Eyal, con la Lev Dance Company e lo spettacolo Into the Hairy. Uno spettacolo, ha spiegato Eyal, che rappresenta un «rituale laico dai toni ancestrali», con forti richiami alla guerra, alle ansie e al dolore.
Eyal, nata a Gerusalemme, dal 1990 al 2008 ha fatto parte del corpo di ballo della celebre Batsheva Dance Company, di cui ha assunto per un biennio la direzione artistica (2003- 2004). Nel 2005 ha iniziato a collaborare con l’artista Gai Behar e la compagnia L-E-V e si è poi trasferita in Francia. Eyal ha spiegato di farsi ispirare per i suoi lavori dalla propria esperienza personale e dal mondo che la circonda. Tra i suoi modelli c’è Pina Bausch, la leggendaria protagonista del Tanztheater, conosciuta per il suo impegno per abbattere i confini tra vita e danza. Seguendo le orme di Bausch, Eyal in una recente intervista ha spiegato come per lei «la danza sia terapeutica» perché «è un’esposizione di tutto il corpo, dal cervello al cuore».
Infine, terzo coreografo israeliano al festival di danza torinese è Hofesh Shechter, con Theatre of Dreams, una coreografia in costante divenire, che «indaga il mondo della fantasia e del subconscio, rivelando paure, speranze, desideri e emozioni che penetrano la nostra mente non solo nei sogni, ma anche durante la veglia», spiegano gli organizzatori. «Theatre of Dreams è guidato dall’immaginario collettivo che riguarda le nostre vite e le nostre società, con le regole, le aspettative che dobbiamo affrontare e ciò che ci è permesso di realizzare», ha raccontato Shechter, presentando lo spettacolo a Torino.
Dopo la laurea all’Accademia di musica e danza di Gerusalemme, Shechter ha lavorato come ballerino con Ohad Naharin della Batsheva Dance Company. Nel 2002 si è trasferito a Londra dove ha iniziato a creare le sue prime coreografie di danza contemporanea e ed è entrato a far parte del Teatro Sadler’s Wells.
Gli spettacoli di Schechter, di Gat ed Eyal hanno registrato il tutto esaurito a Torino, ricevendo un’ottima risposta da parte del pubblico e della critica.