MEMORIA – Addio a Yehuda Bauer, pioniere nello studio della Shoah

«La Shoah è senza precedenti, ma non è unica», avvertiva nei suo discorsi pubblici lo storico israeliano Yehuda Bauer. Se fosse un evento unico non potrebbe ripetersi, sottolineava. «E invece potrebbe accadere ancora. E noi siamo qui perché vogliamo evitarlo». Con questa consapevolezza Bauer, uno dei massimi storici della Shoah ha condotto per decenni i suoi studi, scritto libri, guidato la International Holocaust Remembrance Alliance (Ihra). Per chiunque si occupi di memoria della Shoah e di genocidi, il suo lavoro pionieristico rappresenta un punto di riferimento. «Se non leggevamo Yehuda, c’erano buone probabilità di leggere le opere di storici formati e guidati da Yehuda», ha spiegato al Washington Post Robert J. Williams, direttore dell’americana USC Shoah Foundation, ricordando lo storico israeliano, scomparso il 18 ottobre a 98 anni a Gerusalemme.
«Per Bauer la Shoah non era solo un evento particolare contro una categoria specifica, ma era un evento universale», ha sottolineato David Silberklang, storico dello Yad Vashem. Era la dimostrazione provata del potenziale distruttivo degli esseri umani.
Bauer, nato a Praga nel 1926 e scampato alle persecuzioni emigrando nel 1939 nella Palestina mandataria, ribadiva come anche l’antisemitismo abbia effetti universali. «Dobbiamo renderci conto che l’antisemitismo non è un problema degli ebrei, ma delle società in cui si sviluppa. È un cancro che le divora», ricordava nel 2022 in un forum organizzato a Gerusalemme con leader di tutto il mondo. La soluzione, sottolineava lo storico, non è «dire quanto siano meravigliosi gli ebrei», ma «attaccare gli antisemiti come persone che stanno distruggendo la nostra società».
Inizialmente, nei primi anni Sessanta, l’oggetto degli studi di Bauer era il sionismo e il Mandato britannico. Fu l’amico Abba Kovner, poeta ed eroe della resistenza del ghetto di Vilna contro i nazisti, a spingerlo verso la ricerca sulla Shoah. Al timore del giovane storico di confrontarsi con l’immensità della tragedia, Kovner rispose che la paura «era un ottimo punto di partenza».
Così, in una società israeliana ancora restia ad ascoltare le testimonianze dei sopravvissuti, Bauer iniziò a ricostruire i pezzi della persecuzione nazifascista contro gli ebrei.
Le opere
Tra le sue prime pubblicazioni ci fu L’ebraismo americano e l’Olocausto, analisi di come si mossero gli ebrei americani durante la Seconda guerra mondiale per aiutare l’Europa ebraica. Su basi simili scrisse Ebrei in vendita? incentrato sui negoziati per salvare gli ebrei durante la Shoah. Il suo libro forse più noto è invece Ripensare l’Olocausto: uscito vent’anni fa, esamina le questioni fondamentali su come definire e spiegare la Shoah e su come o se possa essere paragonata ad altri genocidi. «Questo libro non è una commemorazione, ma pone domande su che cosa realmente avvenne e perché», scrisse Bauer nelle pagine finali del volume. Oltre a rispondere alla domanda sull’unicità dello sterminio ebraico, lo storico aprì anche una riflessione su cosa possa essere identificato come resistenza, se solamente quella armata. «Quando ci si rifiuta di opporsi alla forza bruta – scrisse Bauer – non significa che si resiste passivamente, bensì si resiste rinunciando alla forza, il che non è esattamente la stessa cosa».
Bauer e l’Ihra
Critico con chi utilizzava la memoria della Shoah per fini politici, Bauer è stato tra le colonne portanti dell’Ihra, aiutando nella redazione della definizione di antisemitismo oggi adottata da molti paesi del mondo. «Yehuda Bauer ha dedicato la sua vita a insegnare a tutti noi l’importanza di proteggere i fatti. Non si sottraeva alle verità scomode né dall’incoraggiare i paesi membri ad affrontare un passato difficile. Gli piaceva ricordare a tutti noi che nessuno è uscito pulito dalla Shoah. Ma credeva anche nella necessità di tenere i governi intorno a un tavolo, nel dialogo e nel lavorare insieme – nonostante le differenze – per rendere il mondo un po’ migliore», ha ricordato Kathrin Meyer, segretaria generale dell’Ihra.
Nel 1998 Bauer tenne un discorso al Bundestag tedesco in cui ricordò: «Vengo da un popolo che ha dato al mondo Dieci Comandamenti. Concordiamo sul fatto che ne servono altri tre, e sono questi: non essere un carnefice; non essere una vittima; e non essere mai, ma proprio mai, uno spettatore».
d.r.