SHIRIM – Osip Mandel’štam

Il passo dei cavalli misurato, lieve.
Luce dalle lanterne – poca.
Mi trasportano estranei. Che sapran bene
dove, a quale meta.

Sono accudito, sensazione bella,
cerco di addormentarmi, gelo.
Verso il raggio si va, verso la stella,
svoltano – come cigola!

Il capo, cullato, lo sento scottare.
La mano altrui, il suo dolce ghiaccio.
L’oscuro profilo lì, gli abeti,
dei quali nulla so.

Ancora versi di Osip Mandel’štam (1891-1938) nella traduzione a cura di Dario Borso, narranti l’attraversamento notturno di un bosco.
Luci fioche, nell’andare, carezzano la piccola vita racchiusa nel rifugio ambulante, cullata da inconosciute mani. Pare di scorger dai vetri la flebile stella remota, accesasi d’un tratto per riavvolgersi lesta nel notturno sudario.
Sentire giungere, grati, l’imprendibile sonno, perduto già per gl’improvvisi sbalzi della vettura, per il freddo pungente che non tarda a insinuarsi nella notte.
Sciamano lesti, profili austeri di alberi, quasi nere sagome oranti ultraterrene.
Svaniscono. Ma permangono nel dove inesplorato come nero covo di buie creature sovrumane.
E a noi pare di sentire, in quest’andare, la mano oscura del compagno di viaggio. Vicino, eppure, così lontano, intrappolato nel suo corpo freddo, distolto, forse, d’altri lampi, d’altri segni.
A unirci l’intimo gelo dell’andare.
E la remota, remota luce.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno