FEMMINISMO – Paola Concia: O è universale o non è

C’è ancora posto per le donne ebree nei movimenti femministi? Risponde alla domanda Paola Concia, femminista, ex parlamentare del Pd e dal 2016 Coordinatrice del Comitato Organizzatore di Didacta Italia, la più importante fiera sulla innovazione della scuola.
«Il posto non solo c’è ma si deve anche ricavare. Il transfemminismo è molto rumoroso e molto coccolato dai media perché ha delle caratteristiche ben precise: un antioccidentalismo molto marcato, è un tipo di femminismo che relativizza, fa battaglie a seconda del contesto. E questo è all’antitesi del femminismo universalista. il femminismo nel quale mi riconosco deve essere universalistico: deve avere come obiettivo la difesa della libertà delle donne, la lotta alle discriminazioni, la lotta contro la violenza ovunque venga perpetrata, non la difesa delle donne a seconda del contesto. Il femminismo che difende i diritti delle donne ebree, o palestinesi o dell’Iran è il femminismo nel quale mi riconosco. Il transfemminismo ha tradito il femminismo. Le donne ebree e le donne filo occidentali devono avere un posto nel femminismo universalista, certo che sì».
Cosa ha svelato il 7 ottobre rispetto al femminismo?
L’antisemitismo, nascosto sotto la sabbia, dopo il 7 ottobre è venuto fuori in tutta la sua violenza, il 7 ottobre ha svelato queste due concezioni di femminismo diametralmente opposte. Infatti le transfemministe negano gli stupri del 7 ottobre anzi definiscono i movimenti come Hamas forme di resistenza e non come terroristi. Lo abbiamo visto nelle diverse piattaforme delle manifestazioni dell’associazione Non Una di Meno. E dall’altra accusano Israele di colonialismo. L’obbiettivo è una battaglia antioccidentale suicida. C’è bisogno di una battaglia culturale molto forte. Tanto è vero che i primi a non potersi ribellare sono i palestinesi: in Israele si manifesta liberamente contro il governo.
Cosa pensi dei simboli, delle bandiere viste alle manifestazioni e nelle università?
La bandiera palestinese è diventata una bandiera simbolo, solo una scusa per andare contro l’occidente, non c’entra nulla con le condizioni dei palestinesi di cui a chi manifesta importa poco. Perché le transfemministe non parlano delle condizioni delle donne palestinesi? Il transfemminismo non dice una parola sui regimi totalitari e sul fatto che l’imam che viene a parlare all’Università di Torino relega le donne in una gabbia. In un paese, come l’Italia, dove per qualunque cosa si protesta contro il patriarcato, dell’imam non si è detto nulla.
È sanabile la ferita tra transfemminismo e donne ebree e donne filo occidentali e gay?
Purtroppo no, non vedo la possibilità di sanare questa ferita per ora. Ci vorrebbe il dialogo.
Il 7 ottobre ha svelato che cosa sono questi movimenti. Perché le tranfemministe non vanno in Iran o sotto Hamas, e invece combattono dai salotti delle loro democrazie?
Le sinistre europee, in gran parte, non hanno partecipato alle commemorazioni del 7 ottobre. Cosa volevano dire anche alle donne ebree che prima di tutto sono cittadine?
Gravissimo. Si è voluto dare un segnale di distanza da Israele. Senza capire che oggi difendere Israele, che non vuole dire difendere Netanyau, significa difendere i valori dell’occidente. Non hanno voluto riconoscere che l’esistenza dello stato di Israele è a repentaglio. La sedia vuota significa antisionismo ossia antisemitismo.
Cosa ne pensi del ritardo con cui l’Onu ha denunciato la violenza contro le donne del 7 ottobre?
L’Onu è in mano ai paesi islamici, pensiamo che il diritto di veto ce l’ha la Russia che è un’autocrazia. L’Onu va riformata.
Condividi la scelta di Israele di non diffondere le immagini più cruenti degli stupri se non a un pubblico scelto?
La propaganda di Hamas è risultata molto convincente, ma questo è un tema molto doloroso. Difficile rispondere.
Come si fa a ristabilire la verità?
L’occidente è fragile ed è sotto attacco, questa è la grande questione. Da una parte c’è Putin, la Cina e il Medio Oriente, che fanno parte della stessa strategia contro l’occidente che non si sa difendere. L’Europa è fragile in particolare sul Medio Oriente. Però è sul Medio Oriente che si gioca il futuro delle democrazie liberali. Per ristabilire la verità sulle donne bisogna raccontare e andare contro la narrazione mainstream.
Il wokismo dove ha sbagliato?
Ha radicalizzato le battaglie, diventando un movimento discriminatorio. La ricerca del neutro porta alla cancellazione delle donne. Noi oggi siamo schiacciati tra wokismo e antiwokismo (Orban, Trump, Putin), lo diceva Guido Vitiello su Il Foglio. Nessuno dei due movimenti hanno a che vedere con le democrazie liberali. Però l’istinto suicida dell’occidente è molto marcato.
Un messaggio per le donne?
Bisogna sostenere le leadership forti: il britannico Keir Starmer è coraggioso, Meloni è più coraggiosa di altri, ma deve cercare di non andare verso l’antiwokismo e Kamala Harris, se si distacca dal wokismo: devono venire fuori le leadership che sostengono i nostri valori. Dentro la battaglia di difesa di Israele ad esistere c’è tutto: il femminismo, la lotta per i diritti civili. La difesa dei diritti universalisti è la difesa delle nostre libertà occidentali. Oggi l’occidente è fragile e lo si vede nella debole difesa di Israele. È l’antioccidentalismo che sta uccidendo le conquiste che abbiamo conseguito. Voglio la libertà di vivere quello che sono. Israele è solo, e noi lo dobbiamo aiutare sempre di più. Oggi difendere gli ebrei nel mondo significa difendere noi occidentali in carne e ossa.
Sara Levi Sacerdotti