UCRAINA – Drone su scuola ebraica: solo danni alla struttura

Nella notte un drone russo ha colpito la scuola ebraica Or Avner Chabad di Kiev, causando diversi danni alla struttura. «Il sistema di finestre fortificate, dotate di pellicola protettiva, ha contribuito a proteggere la scuola», spiega a Pagine Ebraiche Dov Markovitch, figlio del rabbino capo di Kiev, Jonathan Markovitch. «C’erano vetri rotti sparsi ovunque, crepe in alcuni muri, il furgone usato per prendere i bambini è stato danneggiato, ma per fortuna non ci sono stati feriti perché l’attacco è avvenuto di notte. Il guardiano è riuscito a spegnere immediatamente le fiamme dovute all’esplosione del drone, evitando così che si sviluppasse un incendio». La struttura ospita circa 150 bambini tra i due e i 10 dieci anni, dall’asilo alle elementari. «Tutti sono venuti a scuola oggi. Abbiamo avvisato ovviamente subito le famiglie e rassicurato sul fatto che la struttura è sicura».
«È stato un grande miracolo: nessuno è rimasto ferito», ha commentato rav Jonathan Markovitch, incontrando il sindaco di Kiev Vitaliy Klitschko, venuto a verificare le condizioni della scuola. «La luce della Torah e dell’educazione ebraica a Kiev non si spegnerà», ha aggiunto il rav.
Sin dall’inizio dell’invasione russa, spiega il figlio del rabbino capo, l’istituto scolastico è rimasto aperto. «Io ci sono cresciuto. Non chiuderlo durante la guerra è stato un forte segnale di resistenza». La comunità ebraica locale, aggiunge, si è molto rafforzata in questi anni di conflitto, dopo un’iniziale spaesamento. «C’è una grande rete di solidarietà interna e un senso di comunione molto forte. È una comunità viva, pronta ad aiutare, che vuole partecipare attivamente soprattutto attraverso il volontariato». Passati ormai due anni e mezzo dall’inizio della guerra, il giovane Markovitch, riassume lo spirito che si respira in città e nel paese: «Nonostante la difficoltà di un conflitto che continua, gli ucraini sono molto determinati a resistere. Abbiamo visto cosa hanno fatto i russi nelle città occupate. Ricordiamo il massacro di Bucha. Arrendersi non è un’opzione. Arrendersi significa perdere tutto, significa non avere pace».

d.r.