ISRAELE – Kfar Aza, ricostruire il paradiso perduto

«A più di un anno dal massacro del 7 ottobre, dalla distruzione e dall’incendio, nelle ultime due settimane nel kibbutz Kfar Aza si sentono i rumori di lavori e speranza, non solo il boato dei cannoni e razzi», racconta Or Heller, corrispondente militare dell’emittente Reshet 13. Dal 15 ottobre la desolazione di Kfar Aza, tra le comunità più colpite dall’attacco di Hamas, si è trasformata in un via vai di volontari. Decine di persone hanno aderito a un progetto per ricostruire 16 unità abitative di uno dei quartieri del kibbutz. «La risposta delle persone da tutto il paese è straordinaria. Tutti vogliono unirsi, contribuire e dare qualcosa per la riqualificazione dell’area», ha spiegato ai media israeliani Omri Ronen, uno dei promotori del progetto.
I suoi nonni, Akiva e Nira, erano tra i fondatori nel 1951 di Kfar Aza. Rimasta vedova, Nira aveva continuato a vivere nel kibbutz, aiutata dalla sua badante, Angelyn Aguirre. Il 7 ottobre le due donne sono state assassinate dai terroristi palestinesi. «Avevo parlato con mia nonna quella mattina», ha ricordato in aprile Ronen in un’intervista a ynet. «Lei aveva sentito degli spari fuori dalla porta. L’avevo tranquillizzata. Ero certo che qualcuno sarebbe venuto ad aiutarla, ma non è arrivato nessuno. Che razza di animali uccidono una donna di 86 anni e la sua badante?». Tornato per la prima volta in aprile a Kfar Aza, Ronen ha scoperto un macabro messaggio lasciato dai terroristi in un taccuino della nonna. «Le Brigate Izz ad-Din al-Qassam sono passate di qui e hanno rimosso gli occupanti sionisti. Morirete e non resterete qui».
«Se pensano di intimidirci si sbagliano. Questo luogo è dei miei nonni, è mio, è nostro», ha replicato Ronen, soldato in una delle unità di élite di Tsahal. «Dobbiamo ricostruire tutte le comunità del sud, espanderle e svilupparle il più rapidamente possibile». E così, qualche mese dopo ha preso piede il progetto di riqualificazione di una parte di Kfar Aza. Oltre alla dirigenza del kibbutz, nel lavoro è coinvolta l’associazione Brothers and Sisters in Arms ed è stata avviata una raccolta fondi per sostenere l’iniziativa. «Questa è diventata la missione della mia vita», ha scritto Ronen in un appello pubblico. «Cerchiamo volontari con competenze professionali, aziende che vogliano donare attrezzature, e persone di buon cuore pronte a contribuire. Venite a posare mattonelle di speranza e a far tornare il kibbutz Kfar Aza il paradiso che era». In poche settimane, decine di persone hanno risposto e i lavori di ristrutturazione sono iniziati.