PRESIDENZIALI USA – I candidati e il Medio Oriente: cosa c’è da sapere
Sia Kamala Harris sia Donald Trump nelle ultime settimane di campagna elettorale hanno cercato di usare Israele per spostare l’ago della bilancia: Trump ha dichiarato che se uscisse sconfitto dalla tornata elettorale il paese, tra due anni, non esisterebbe più, e Harris ha risposto che la sua retorica su Israele è antisemita. I due sono in disaccordo su molti punti, che vanno dal modo in cui Israele dovrebbe combattere le sue battaglie alla visione del ruolo che dovrebbero avere gli Stati Uniti, ma ci sono anche alcune questioni su cui le posizioni convergono.
Sia Harris che Trump sostengono la guerra di Israele contro i suoi avversari, Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano, e allo stesso tempo entrambi vogliono che il conflitto a Gaza finisca presto. Tutti e due vogliono espandere gli accordi che portano a una normalizzazione i rapporti tra Israele e i paesi circostanti, e nessuno dei due è un grande tifoso della “soluzione a due stati”; altro punto in comune è la volontà di portare avanti l’accordo nucleare con l’Iran. I punti di disaccordo sono più evidenti nei dettagli, e soprattutto nello stile con cui trasmettono il proprio messaggio, e tutti e due hanno dato agli elettori pro-Israele motivi per preoccuparsi: Trump ha preso la direzione dell’isolazionismo, Harris ha cercato in vari modi di rassicurare coloro che, nel partito Democratico, sono critici verso Israele.
La Jewish Telegraphic Agency ha pubblicato negli scorsi giorni un testo in cui Ron Kampeas, dopo aver analizzato discorsi e materiali della campagna presidenziale e avere interpellato sostenitori di entrambi i candidati propone una sintesi di delle loro idee. Innanzitutto entrambi si impegnano a sostenere Israele: Trump sostiene che la sicurezza del paese può essere garantita solo da lui e dalla sua personalità, dai rapporti che ha costruito e dal rispetto che gli viene portato nell’area: «Voglio vedere il Medio Oriente tornare alla pace, a una pace che sia duratura, e questo accadrà perché le elezioni faranno una grande differenza». Si definisce “il protettore di Israele” e ha dichiarato che Israele potrebbe cessare di esistere se Harris vincerà le elezioni (un’affermazione che ha ripetuto più volte e che ha messo a disagio gli ebrei in tutto il mondo). Harris, dall’altro canto, ha sottolineato come l’alleanza tra Stati Uniti e Israele risalga a molto tempo addietro, e nell’anniversario dell’attacco del 7 ottobre lei e suo marito, Doug Emhoff, hanno ricordato l’attacco di Hamas piantando un albero di melograno nella residenza del vicepresidente. Harris in quell’occasione si è impegnata a garantire che Israele abbia ciò di cui ha bisogno per difendersi.
La guerra
Entrambi i candidati vogliono che la guerra si concluda rapidamente, ma Harris punta a un cessate il fuoco, Trump parla di vittoria israeliana. Harris intende limitare il potere di Hamas e Hezbollah, ma la sua spinta verso un cessate il fuoco a Gaza è arrivata nel momento in cui Netanyahu prometteva di portare avanti la guerra e, consapevole di avere molti elettori pro-palestinesi, ha anche espresso la sua sofferenza per le decine di migliaia di civili uccisi e feriti invitando Israele a consentire a più aiuti di entrare a Gaza. Trump, di conseguenza, ha ridicolizzato le richieste di cessate il fuoco di Harris che, ha sostenuto, «ha lavorato per legare le mani di Israele chiedendo un cessate il fuoco immediato sin dall’inizio. E un cessate il fuoco darebbe a Hamas il tempo di riorganizzarsi e lanciare un nuovo attacco in stile 7 ottobre».
I rapporti con Teheran
L’accordo sul nucleare iraniano, firmato nel 2015 quando Biden era vicepresidente e Barack Obama presidente, è riuscito a frenare il programma nucleare del paese, in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Netanyahu è contrario all’accordo e, su sua richiesta, Trump si è ritirato dall’accordo nel 2018, mentre in seguito Biden ha cercato di ripristinarlo. L’Iran potrebbe essere in grado di produrre armi nucleari in tempi molto brevi, e Trump e Harris se ne danno vicendevolmente la colpa, ma nessuno dei due vuole rientrare nell’accordo. Harris non lo cita nemmeno più, e parla dell’Iran come del principale avversario degli Stati Uniti. Trump dichiara di voler concludere un accordo diverso, con l’Iran, ma non ha fornito alcun dettaglio. Uno dei rari argomenti su cui c’è accordo tra Biden e Trump è la necessità di espandere gli accordi di Abramo che dal 2020 hanno normalizzato le relazioni tra Israele e quattro paesi arabi. E pare che Jared Kushner, genero di Trump e suo ex consigliere senior stia ancora cercando di farvi entrare l’Arabia Saudita, un passaggio su cui Biden aveva molto insistito prima del 7 ottobre. In una intervista rilasciata ad Al Arabiya, Trump ha previsto che avrebbe portato l’Iran negli accordi di Abramo insieme ad almeno una dozzina di altri paesi, uno sviluppo che comporterebbe un riallineamento della regione, e il principale avversario di Israele e degli Stati Uniti diventerebbe quindi un alleato. Ma non ha spiegato come potrebbe succedere. Né Harris né Trump citano l’istituzione di uno stato palestinese: Harris non menziona “due stati” , nei suoi discorsi, e si attiene alla più vaga idea di “autodeterminazione”. Trump si è vantato di aver fatto chiudere la rappresentanza palestinese a Washington e di aver fatto spostare l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, azioni molto duramente contestate dai leader palestinesi. E il mese scorso si è vantato di avere ridotto i finanziamenti all’Autorità palestinese e a Hamas (ma i fondi statunitensi non sono mai stati destinati a Hamas.)
Il sostegno mostrato da Harris nei confronti del diritto di parola dovuto ai manifestanti filo-palestinesi potrebbe scoraggiare gli attivisti pro-Israele, e ha dato a Trump una sponda per attaccarla. Alcuni manifestanti l’hanno sfidata a definire le azioni di Israele “genocidio”, una cosa che non ha in realtà mai fatto. Trump dal canto suo risulta inquietante per le affermazioni in direzione di un preoccupante isolazionismo di Israele.
L’appoggio a Israele
Il candidato alla vicepresidenza con Trump, il Senatore dell’Ohio. J.D. Vance, si oppone a ogni aiuto all’Ucraina e si è opposto a un disegno di legge sui finanziamenti a Israele perché conteneva riferimenti anche alla situazione in Europa. E non è abbastanza rassicurante, per i repubblicani pro-Israele, che Vance ribadisca che l’opposizione ai finanziamenti per la difesa non si estende allo Stato ebraico. Tra gli isolazionisti vicini a Trump che non sono a favore dell’aiuto a Israele, conclude la JTA, c’è il conduttore di talk show Tucker Carlson. Alcuni tra i suoi più forti sostenitori si sono opposti ai finanziamenti a Israele, ancora quest’anno, e Trump, in un post sul suo social network, a febbraio ha proposto prestiti ad altri paesi senza citare Israele. Per i suoi supporter, d’altro canto, Harris è una sostenitrice del tradizionale impegno degli Stati Uniti nei confronti delle alleanze internazionali e, come Biden, si è impegnata ad appoggiare Israele nonostante alcuni democratici abbiano chiesto di condizionare o interrompere gli aiuti.