ISRAELE – Il ricordo di Rabin e le ferite aperte

Il 4 novembre 1995 l’allora primo ministro Yitzhak Rabin decise di partecipare a una grande manifestazione per la pace a Tel Aviv. Allora la piazza si chiamava Malchei Israel, poi divenne Kikar (piazza) Rabin. Il premier quella sera intonò insieme a migliaia di persone Shir la Shalom, una canzone di speranza per una pace possibile. «Quello fu il giorno più felice della vita di Rabin. Non lo avevo mai visto cantare e quel giorno cantò. Non lo avevo mai visto abbracciare e quel giorno mi abbracciò come un fratello», ricordò Shimon Peres, allora ministro degli Esteri del suo governo.
Quello, come è noto, fu anche l’ultimo giorno di Rabin, assassinato da un estremista ebreo. «Sono passati 29 anni dal suo assassinio», ha ricordato in questo anniversario il presidente d’Israele Isaac Herzog. «Da allora, la polarizzazione e l’odio terribile che portarono a quel crimine atroce continuano a manifestarsi in Israele. Le crepe nella società sono presenti da molto tempo, ma oggi sembra si stiano ampliando fino a creare una frattura profonda», ha avvertito Herzog. «Ci troviamo in un momento storico decisivo. È chiaro a tutti noi che dalla frattura dobbiamo costruire qualcosa di nuovo, e che la strada per la ricostruzione deve fondarsi sulla collaborazione».
Un auspicio in cui il presidente israeliano ha sottolineato la ferita ancora aperta del 7 ottobre e la sfida vitale per lo stato ebraico di una guerra combattuta più fronti. Proprio a causa del conflitto in corso, quest’anno la famiglia Rabin ha chiesto di cancellare ogni cerimonia ufficiale in memoria dell’ex premier e premio Nobel per la Pace. «Non c’è dubbio che la memoria e l’eredità di mio padre, Yitzhak Rabin, siano parte integrante dell’identità nazionale, della sicurezza e della democrazia dello Stato di Israele», ha scritto in un messaggio ai rappresentanti del governo e del parlamento Dalia Rabin, figlia del primo ministro assassinato. «Ma allo stesso tempo, in considerazione della difficile realtà di sicurezza in cui ci troviamo oggi e alla luce delle sfide poste dalla guerra alla società israeliana, chiedo che quest’anno, in via eccezionale, si decida di cancellare le cerimonie di stato nella casa del presidente, sul Monte Herzl e alla Knesset». La speranza, ha aggiunto la figlia di Rabin, è di poter tornare il prossimo anno alle commemorazioni tradizionali. «Speriamo in giorni tranquilli e nel ritorno a casa di tutti i nostri rapiti e soldati, il più presto possibile».

(Nell’immagine, Rabin la sera del 4 novembre 1995)