USA – Da New York alla California, sfide ebraiche per il Congresso
«In queste settimane ho visto Mike Lawler più volte di quanto abbia visto il mio rabbino». Il commento ironico al New York Times è di Yossi Gestetner, membro di una comunità haredi (dall’ebraico “timorati di Dio”) di New York. La battuta è rivelatrice di quanto ogni voto nelle odierne elezioni americane, dalla Casa Bianca al Congresso, sia importante. In questo caso si tratta della sfida in uno dei distretti di New York (il 17esimo) per un seggio alla Camera. Il repubblicano Mike Lawler corre per mantenere il proprio posto, il democratico Mondaire Jones per scalzarlo. Il 17esimo distretto ospita una significativa presenza ebraica haredi: circa 30mila persone il cui voto potrebbe essere decisivo. Per questo sia Lawler sia Jones hanno concentrato una parte della loro campagna elettorale sulla comunità “dei timorati”. Si sono fatti fotografare in occasioni ebraiche come bar mitzvah, a inaugurazioni di yeshivot (scuole religiose) o in altri eventi pubblici. Il più presente, riporta Jta, è stato il repubblicano Lawler, che ha puntato anche sun un forte messaggio pro-Israele. Inoltre è stato lui a promuovere di recente al Congresso una legge per penalizzare le università che non contrastano a sufficienza l’antisemitismo al proprio interno. Anche Jones si è presentato come amico di Israele, criticando le posizioni più estremiste di alcuni colleghi di partito. Lui stesso, ricorda il sito Jewish Insider, inizialmente era parte dell’ala più progressista e critica dello stato ebraico, poi ha virato verso toni più moderati. Un cambiamento denunciato da Lawler in un dibattito pubblico con lo sfidante democratico. Jones ha risposto criticando la difesa da parte del repubblicano di una controversa frase di Trump sugli ebrei. L’ex presidente di nuovo in corsa alla Casa Bianca ha sostenuto che una sua eventuale sconfitta elettorale sarebbe da imputare all’elettorato ebraico.
Le altre sfide
Oggi dunque non è solo il giorno della sfida più importante, Kamala Harris contro Donald Trump, ma in gioco c’è il rinnovo dei 435 seggi della Camera e 33 dei 100 seggi del Senato. Al momento la prima è in mano ai repubblicani, il secondo ai democratici. Secondo i sondaggi la situazione dopo il voto dovrebbe capovolgersi: il Senato dovrebbe passare in mano ai conservatori, mentre la Camera ai progressisti. Ma l’esito non è scontato, soprattutto per la seconda, dove è in corso un altro scontro di interesse ebraico, riporta l’agenzia Jta. A contendersi il seggio nel settimo distretto congressuale della Virginia sono il democratico Eugene Vindman e il repubblicano Derrick Anderson. Il primo è diventato noto nel 2019. All’epoca lavorava assieme al fratello gemello Alexander per l’amministrazione Trump. Entrambi furono licenziati quando Alexander segnalò ai suoi superiori una telefonata in cui l’allora presidente Trump faceva pressioni sul presidente ucraino Volodomyr Zelensky perché aprisse un’indagine su Joe Biden e la sua famiglia. Il caso divenne parte del tentativo democratico di condurre l’impeachment contro Trump. I Vidman furono sentiti in audizione e la loro storia famigliare divenne nota: i genitori, ebrei ucraini, li portarono via dall’Unione Sovietica quando erano bambini per fuggire dalle persecuzioni antisemite e per cercare negli Usa la libertà.
Si gioca invece un posto al Senato Elissa Slotkin, ebrea democratica, che cercherà di mantenere il suo seggio in Michigan. Il suo curriculum include anni nella Cia e nel dipartimento della Difesa. Fa parte dell’ala più conservatrice tra i democratici ed è data favorita contro lo sfidante Mike Rogers, commentatore per la Cnn con un passato nelle forze dell’ordine. «Ma la corsa si è fatta più serrata, in parte a causa della disaffezione degli arabi e dei musulmani dal partito democratico per il sostegno del presidente Joe Biden a Israele», spiega Jta. Il Michigan ha una grande popolazione di elettori arabi e musulmani ed è stato un centro di organizzazione politica pro palestinese. La campagna per Rogers e per Trump nello stato ha posto l’accento sulle posizioni pro-Israele di Slotkin per cercare di dissuadere l’elettorato arabo e musulmano dal votarla.
Profilo simile a quello di Slotkin è quello del deputato Adam Schiff, in corsa per sostituire Dianne Feinstein, senatrice della California morta un anno fa. Schiff è ebreo, è un falco sui temi della sicurezza, ha l’appoggio dell’Aipac, il gruppo di pressione pro Israele, e appare in vantaggio rispetto al candidato repubblicano Steve Garvey. Schiff ha fatto parte della commissione d’inchiesta sull’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021 ed è stato definito da Trump «un nemico interno».
In Nevada i sondaggi danno in vantaggio un’altra candidata ebrea democratica, Jacky Rosen, davanti di qualche punto percentuale al repubblicano Sam Brown, uomo d’affari e veterano di guerra decorato. Rosen punta alla riconferma. In questi anni, riporta Jewish Insider, è diventata una figura di spicco nella lotta all’antisemitismo, istituendo a riguardo una task force al Senato insieme al senatore repubblicano dell’Oklahoma James Lankford.
La corsa dei governatori
Oltre alle corse per Senato e Camera, si vota in alcuni stati anche per nominare il nuovo governatore. È il caso della Carolina del Nord, stato chiave per le elezioni presidenziali dove Trump è dato in vantaggio. Non così il suo candidato governatore, Mark Robinson, al centro di diversi scandali in questi mesi, tra cui l’essersi definito un «nazista nero» e aver fatto ricorso in passato a stereotipi antisemiti. Per lo sfidante, Josh Stein, ebreo democratico con un passato da procuratore generale, la vittoria, dicono i sondaggi, dovrebbe essere quasi scontata.
(Nelle immagini, in alto il candidato repubblicano Mike Lawler incontra alcuni membri della comunità haredi a New York; in basso la candidata senatrice Jacy Rosen in una sinagoga in Nevada per le commemorazioni del 7 ottobre)
d.r.