ARGENTINA – Il nuovo ministro degli Esteri giura (e Milei cita Lech Lecha)
«Afuera!», gridava il presidente argentino Javier Milei in un celebre video elettorale. Chissà se l’ormai ex ministra degli Esteri Diana Mondino è stata messa alla porta allo stesso modo, punto esclamativo incluso. Fatto sta che Milei la scorsa settimana le ha tolto il mandato per via del suo voto a favore della revoca dell’embargo su Cuba all’Onu e al ministero si è insediato lunedì il suo successore, l’uomo d’affari Gerardo Werthein.
Nato 69 anni fa a Buenos Aires in una famiglia ebraica di origine est-europea fuggita dalla Bessarabia dopo i pogrom antisemiti d’inizio Novecento, Werthein ha svolto da metà aprile alla fine di ottobre di quest’anno l’incarico di ambasciatore argentino a Washington. Appena entrato in carica dopo la “promozione” al ministero, uno dei suoi primi atti è stato l’allontanamento dallo stesso di tutti i funzionari che su Cuba hanno sposato la linea Mondino, definiti in precedenza da Milei «nemici dell’agenda della libertà». Durante la cerimonia di giuramento del nuovo ministro il discusso e non convenzionale inquilino della Casa Rosada ha citato Lech Lecha, la porzione di Torah letta lo scorso sabato nelle sinagoghe. «Le potenze del cielo ti mandano segnali, Gerardo, perché Lech Lecha parla dell’inizio dei viaggi di Abramo nel mondo diffondere i messaggi del creatore», ha detto il presidente nel rivolgersi a Werthein. Per poi aggiungere: «Dio gli dice in questa parashah che avrà molta influenza sulle nazioni del mondo e gli dà l’importante responsabilità di portare i messaggi della Torah, di vita e di libertà, al mondo intero». Con lo stesso slancio, è il sottotesto, Werthein dovrà impegnarsi nel promuovere la «agenda della libertà» tanto cara a Milei. Descritto da vari analisti locali come un neofita della politica, Werthein è un imprenditore attivo nel campo delle telecomunicazioni, degli idrocarburi, dell’edilizia e delle assicurazioni. Dal 2009 al 2021 ha presieduto il Comitato olimpico argentino. Il sito Chabad.org lo definisce «un orgoglioso e attivo membro della comunità argentina», di casa anche nel centro Chabad di Washington durante lo svolgimento del suo prestigioso, ma breve, incarico statunitense.
a.s.