ISRAELE – Un civile e un militare uccisi da missili di Hezbollah

Sivan Sade aveva 18 anni. Quando i razzi di Hezbollah sono iniziati a cadere nell’area del suo kibbutz, Kfar Masaryk, nel nord d’Israele, il giovane stava lavorando nei campi. Ha provato a correre per trovare un riparo, ma non ha fatto in tempo. Alcune schegge lo hanno colpito, ferendolo a morte. «Ho parlato con lui alle 17:56», ha raccontato il padre Assaf al sito Walla. «L’ho chiamato per chiedergli se dovevo portargli qualcosa da mangiare. È riuscito a dire ‘sì’ e poi alle 18.02 sono scattati gli allarmi antimissile». I genitori di Sivan erano a Kiryat Shmona per rinnovare i passaporti per tutta la famiglia, anche per Sivan. Il piano era di fare un viaggio sulla neve all’estero. «Siamo tornati a Kfar Masaryk verso le 19.00 e Sivan non era in casa. L’ho chiamato, volevo solo dirgli che gli avevamo portato da mangiare. Non ha risposto». Poi nel kibbutz si è diffuso il messaggio del ritrovamento della salma di una persona uccisa da un missile di Hezbollah. Era stata trovata da un lavoratore nei campi. «Mi sono precipitato lì e ho visto le ambulanze e le auto della polizia. C’era anche il responsabile delle coltivazioni dei campi, un nostro amico. Gli ho detto di dirmi la verità. Sapevo che si trattava di Sivan». Al padre è stato poi chiesto di identificare il figlio. «L’ho riconosciuto dall’orecchino. Per noi era il ragazzo più bello e speciale, amava lavorare. Si sarebbe arruolato tra quattro mesi e per questo volevamo fare un viaggio insieme. Doveva entrare in una unità combattente e, come genitori, sapevamo del pericolo che avrebbe corso. Ne avevamo discusso, ma eravamo preparati a questo».
In queste ore l’esercito ha confermato un’altra vittima degli attacchi di Hezbollah di ieri: il sergente Ariel Sosnov, 20 anni, di Gerusalemme, soldato del 605° battaglione dei Genieri. Sosnov è stato colpito mentre si trovava nel moshav (insediamento agricolo) di Anivim, a ridosso del confine con il Libano. «Non capisco come ci si aspetti che i residenti del nord prendano anche solo in considerazione l’idea di tornare quando i razzi continuano a cadere. Sicurezza significa niente sirene, niente razzi», ha commentato Amid Sofer, capo del Consiglio regionale di Merom HaGalil, nella Galilea settentrionale.