PISA – Indietro nei secoli, la storia raccontata in un libro
«A Pisa risiedono una ventina di ebrei, con a capo rabbi Moseh, rabbi Hayyim e rabbi Yosef», documenta nel 1160 Beniamino da Tutela. Se il celebre viaggiatore intendesse venti persone in senso letterale o piuttosto venti capifamiglia è questione ancora dibattuta. Non è in discussione invece il primato di quel nucleo ebraico, il più antico di Toscana. Prime tracce in tal senso risalgono addirittura a un atto dell’anno 859 in cui si menziona un tale Donato «ex genere hebreorum» in quanto proprietario di beni immobili. Poi nel tempo la storia da individuale si sarebbe fatta sempre più collettiva. Prima con una embrionale congregazione, diventata poi “Chal Kadosh” (comunità santa), Compagnia degl’Hebrei, Nazione Ebrea, Università Israelitica, Comunità Israelitica e infine ebraica, come hanno illustrato nei secoli fior di volumi, saggi e articoli.
Giornalista e appassionato ricercatore, Paolo Orsucci Granata li ha studiati e riordinati in un Repertorio ragionato della Pisa ebraica (ed. Salomone Belforte), che si candida a guida indispensabile per tutti gli interessati a saperne di più su questa comunità, la sua storia e le sue caratteristiche peculiari, tra cui quella di non aver mai dovuto sottostare (al pari dei “cugini” livornesi) all’infamia di un ghetto. Il libro si presenta come un testo di consultazione, una sorta di “libro dei libri”. Scientificamente rigoroso, ma con un’anima, sarà raccontato nel corso della seconda edizione della Piccola Fiera del Libro Ebraico, in programma al Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma domenica 10 novembre.
Realizzato con il patrocinio della Comunità ebraica, della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia, della Biblioteca Nazionale dell’Ebraismo Italiano e del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici “Michele Luzzati” dell’ateneo pisano, il volume di Orsucci presta attenzione ai grandi eventi, ma anche alle vicende per così dire minori. Perché, come scrive l’autore, la vita passa anche da qui. Anzi, «soprattutto da qui». Conferma Luciano Meir Caro, rabbino di riferimento per Pisa, che firma una delle prefazioni al Repertorio: «Ogni parola può contenere elementi di sacralità».