LA STORIA – Da Gaza a Roma, storia di un abbraccio
Tamar Herzig è una storica israeliana specializzata in storia del Rinascimento, da oltre un anno impegnata nella denuncia dei silenzi di parte del femminismo anche italiano sugli orrori del 7 ottobre. La sua impressione è che sugli stupri di donne israeliane da parte di Hamas sia da subito «calato un silenzio profondo» e che in Italia l’ipocrisia nel merito sia «più forte che altrove». Ma Herzig è anche la madre di un giovane ragazzo, figlio unico, impegnato per settimane come investigatore di polizia al confine con la Striscia di Gaza. «I primi venti giorni post-7 ottobre li ho trascorsi nell’angoscia, di fatto in stato d’insonnia permanente», racconta la studiosa, omaggiata lo scorso dicembre con il premio Fiuggi Storia Europa per il suo lavoro di ricerca ma anche «per l’importanza del suo impegno a difesa della dignità e dei diritti delle donne».
Alcune settimane dopo il pogrom di Hamas, nei giorni più drammatici dell’invasione militare a Gaza, il figlio ha bussato alla porta di casa. E l’angoscia ha lasciato spazio alle lacrime di emozione e a uno struggente abbraccio madre-figlio, immortalato in una foto che Herzig ha trasmesso a una sua amica e collega italiana. Il suo nome è Michaela Valente, insegna alla facoltà di Scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma «ed è stata una delle poche, dopo il 7 ottobre, a mostrarsi solidale in campo accademico: merce rara di questi tempi». Ma Valente ha fatto di più. Ha mostrato la foto a sua madre, l’artista Maria Rosaria Pistello, che dalla foto ha ricavato di recente una piccola scultura. Herzig non ha ancora avuto modo di vederla di persona «ma la prossima volta che sarò a Roma mi precipiterò da loro per farlo». Pure in questo caso, verosimilmente, un abbraccio aprirà l’incontro. «L’orrore intorno a noi può essere sconfitto», sottolinea Herzig. «Anche con positività e amore».