ISRAELE – Braccio di ferro fra ministro Ben-Gvir e procuratrice Baharav-Miara

Dal licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant alle presunte ingerenze del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir fino al dibattito sull’arruolamento degli studenti delle scuole religiose, il governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu vive giorni di tensioni interne.
Il siluramento di Gallant, sostituito alla Difesa da Israel Katz, è stato fortemente contestato da una parte dell’opinione pubblica, ma ha ricevuto il benestare della procuratrice generale e avvocato dello stato Gali Baharav-Miara. Procuratrice invisa a molti esponenti dell’esecutivo, a partire da Netanyahu che, secondo i media israeliani, ne avrebbe auspicato, a porte chiuse, la rimozione. Chi ne ha chiesto pubblicamente il licenziamento è il ministro di estrema destra Ben-Gvir con cui Baharav-Miara si è scontrata più volte in questi mesi. Un invito formulato ora anche a parti invertite. Nelle ultime 24 ore la procuratrice generale ha esortato il premier a rivalutare il mandato del suo ministro della Sicurezza nazionale, citando interferenze di Ben-Gvir sull’indipendenza della polizia.
«La combinazione di presunti interventi impropri nelle attività di polizia e la dipendenza degli ufficiali dal ministro per il loro avanzamento mina la garanzia che la polizia stessa agisca con lealtà nei confronti del pubblico, piuttosto che verso i vertici politici», scrive l’ufficio della procuratrice generale a Netanyahu. Nel documento, riferiscono i media locali, vengono citati diversi atti di Ben Gvir definiti impropri, tra cui la convocazione pubblica di alti funzionari di polizia per una reprimenda dovuta al suo disappunto per la gestione delle proteste anti-governative, considerata troppo debole. O una lettera dell’ex commissario Kobi Shabtai, secondo cui Ben Gvir avrebbe chiesto negli scorsi mesi ad alti ufficiali di polizia di ignorare gli ordini del gabinetto di sicurezza sulla protezione dei convogli umanitari partititi da Israele e diretti a Gaza.
Alle accuse di Baharav-Miara, Ben-Gvir, leader del partito ultranazionalista Otzma Yehudit, ha replicato accusandola di voler compiere «un colpo di stato». «L’unico licenziamento che deve avvenire», ha aggiunto, «è quello del procuratore generale». Baharav-Miara è in carica dal 2022 ed è stata nominata dal governo dell’allora primo ministro Naftali Bennet. All’epoca era stata scelta dal ministro della Giustizia, Gideon Sa’ar, oggi ministro degli Esteri del governo Netanyahu.
Oltre allo scontro istituzionale, uno interno alla maggioranza si profila all’orizzonte. Il ministro della Difesa Katz ha dato seguito a un’iniziativa del suo predecessore Gallant: chiedere l’arruolamento di 7.000 uomini haredi (in ebraico «timorati di Dio», impropriamente definiti ultraortodossi) fino ad ora esentati dall’esercito. Nei prossimi giorni partiranno le prime 1.000 lettere di richiamo alla leva. Il ministero della Difesa afferma che il tentativo è di aprire «un dialogo approfondito con tutte le parti per cercare di portare avanti una soluzione concordata, che permetta una vera integrazione dei haredi nell’esercito per alleggerire il carico sui soldati di leva, di carriera e di riserva». I partiti religiosi hanno subito contestato il provvedimento. «A quanto pare non è colpa del procuratore generale o di Gallant: il Likud ha deciso di dichiarare guerra ai haredi», ha commentato all’emittente Kan, un esponente del partito Yahadut HaTorah, parte della coalizione di governo.
Sul fronte del conflitto intanto Tsahal fa sapere di aver colpito in Libano oltre 300 obiettivi di Hezbollah nell’ultima settimana. Lo scontro si mantiene alto, con un altro soldato israeliano caduto in combattimento: il comandante dei Golani Ivri Dickshtein, ucciso in un agguato dei terroristi in un villaggio del Libano meridionale.