ROMA – La lezione di Enzo Sereni, 80 anni dopo

Studioso, uomo d’azione, eroe del sionismo e della Resistenza. Enzo Sereni resta «un esempio luminoso di impegno civile, un punto di riferimento essenziale per chiunque guardi alla storia, ma anche all’attualità israeliana». Così l’ex ministro della Cultura Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, nell’inaugurare a Roma la giornata di studio “Per non morire. La lezione di Enzo Sereni” nell’ottantesimo anniversario della sua uccisione a Dachau.
Organizzato dalla giornalista Simonetta Della Seta e dagli storici David Bidussa e Liliana Picciotto, il convegno ha puntato la luce su vari aspetti della biografia di Sereni nel suo dipanarsi tra Italia e Palestina mandataria, fino alla morte nella Shoah dopo la cattura per mano nazifascista nei pressi di Lucca, dove Sereni si era paracadutato nel quadro di una missione dell’Agenzia Ebraica per prestare soccorso agli ebrei d’Europa perseguitati. Ha portato tra gli altri una testimonianza Chaim Confino, nipote del giovane leader sionista che poco più che ventenne lasciò gli agi di una vita borghese nella capitale per contribuire alla costruzione di Israele. In conclusione di evento alcune riflessioni della presidente Ucei Noemi Di Segni e del presidente del Cdec Giorgio Sacerdoti, in un dialogo con la giornalista e saggista Mirella Serri. In precedenza, i familiari avevano annunciato il prossimo inserimento di Sereni nella toponomastica cittadina.

Il messaggio di Isaac Herzog

«Enzo Sereni e le persone come lui sono testimonianza dello spirito umano più alto a difesa del coraggio e della dignità», ha sottolineato in un videomessaggio il presidente israeliano Isaac Herzog. Un retaggio vivo nelle commemorazioni «e in luoghi come il kibbutz Netzer Sereni, che ne ricorda il lascito». A congiungere idealmente le presidenze dei due stati tra cui si mosse Sereni nei 39 anni della sua giovane vita spezzata la partecipazione al convegno di Giovanni Grasso, consigliere per la comunicazione del Quirinale, che ha citato il primo discorso tenuto da Sergio Mattarella per il 25 aprile. Era il 2015 e Mattarella evocò tra gli altri il nome di Sereni tra «i molti affluenti che portarono acqua al fiume della Liberazione nazionale». Per Grasso, quella di Sereni è «una luce che deve accompagnarci in questa temperie di oscurità». Bidussa ha poi aperto le relazioni storiche, parlando di Sereni come di «un sempre curioso inquieto» la cui ricerca «fuori casa» non significava «dismettere un vestito per assumerne un altro», ma era un modo «per aumentare il proprio profilo». Come spiegato da Picciotto, Sereni «usò la guerra per affermare la sua idea di convivenza pacifica tra i popoli» in lotta contro la barbarie dell’oscurantismo nazifascista. Della Seta ha esordito ripercorrendo le tracce dell’aliyah di Enzo Sereni e sua moglie Ada Ascarelli, compiuta nel febbraio del 1927. «Fu un anno particolarmente interessante, con tanti cambiamenti positivi e una calma straordinaria», sotto l’egida del mandato britannico. Cosa cercavano? «Il futuro, un vocabolario nuovo».
Quale lezione dal loro impegno? Per la presidente Ucei «non si vive solo per se stessi» e «quando si combatte si combatte per tutti». Vale anche al giorno d’oggi: «Il nostro grido d’allarme sull’antisemitismo non riguarda solo gli ebrei, ma la distruzione della società civile e democratica in sé». Fu un’epoca di grandi fermenti e sfide quella attraversata dai coniugi Sereni. «Oggi questo impegno c’è ancora?», si è chiesto Sacerdoti, denunciando «il crollo da allora non solo delle ideologie, ma anche dell’idealismo».

a.s.