ONU – Prime crepe in Unifil, l’Argentina si ritira

Da mesi il ruolo di Unifil nel Libano meridionale è in discussione e alcune crepe al suo interno cominciano a formarsi. Lo dimostra la scelta dell’Argentina di ritirare il proprio contingente dalla missione Onu, nata per garantire la sicurezza del confine tra Libano e Israele. Qui Hezbollah, secondo gli accordi, non dovrebbe essere presente, soprattutto non con missili, depositi di armi, tunnel per infiltrarsi in Israele. E invece, come raccontano le cronache quotidiane, il movimento terroristico ha posizionato buona parte del suo arsenale a ridosso del confine con lo stato ebraico. E dall’8 ottobre lo sta usando per attaccare la popolazione israeliana. In alcuni casi i suoi missili, come è accaduto ieri, hanno colpito le postazioni Unifil, un contingente che conta 10mila caschi blu provenienti da 48 paesi diversi. 47 dopo la scelta del presidente argentino Javier Milei di ritirare i propri uomini.
Una decisione simbolica – gli argentini in Unifil sono tre –, ma che rappresenta una prima spaccatura. Buenos Aires ha inoltre un conto aperto con Hezbollah. Dietro l’attentato al centro ebraico Amia, compiuto nella capitale argentina nel 1994, c’era l’organizzazione terroristica libanese. I responsabili di quell’attacco, in cui furono uccise 85 persone, non sono mai stati assicurati alla giustizia.
Per il momento sul ritiro da Unifil il governo di Milei non ha dato spiegazioni, ma la decisione è stata confermata dal portavoce Unifil, Andrea Tenenti. «L’Argentina ha chiesto ai suoi ufficiali di rientrare», ha dichiarato in conferenza stampa il militare. Tenenti è uno dei 1.256 militari italiani impegnati nel sud del Libano: quello italiano è il secondo contingente più numeroso dopo quello inviato dall’Indonesia. E una delle sue postazioni è stata bersaglio dei razzi di Hezbollah delle ultime 24 ore, generando condanne da parte del governo di Roma. «È inammissibile che si spari contro il contingente Unifil. Non hanno alcun diritto di farlo, sono truppe che hanno garantito anche la sicurezza di Hezbollah», ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Una censura che ha aperto però una discussione politica perché la missione Onu non dovrebbe garantire «anche la sicurezza di Hezbollah», ma la pace e la demilitarizzazione dell’area in cui è impiegata.

d.r.