ISRAELE – Cpi chiede arresto di Netanyahu e Gallant
Sacerdoti: «Prima volta contro leader di una democrazia»

La Camera preliminare I della Corte penale internazionale (Cpi) ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Lo ha reso noto la Corte in un comunicato, sostenendo che ci sono «ragionevoli motivi per ritenere» che i due leader siano coinvolti, in riferimento all’attuale conflitto a Gaza, in azioni che costituiscono crimini di guerra. «Non è un giudizio di colpevolezza, ma significa che la Corte in questa prima fase ha preso sul serio le accuse del suo procuratore capo, Karim Khan. È una situazione seria per Netanyahu e Gallant», sottolinea a Pagine Ebraiche Giorgio Sacerdoti, docente emerito di diritto internazionale all’Università Bocconi. I 123 stati membri della Cpi, tra cui l’Italia, sono «tenuti ad eseguire il mandato d’arresto per cui Netanyahu e Gallant non potranno ora recarsi in quei paesi senza rischiare ripercussioni». Non potendo giudicare in contumacia e non avendo a disposizione una propria polizia, la Corte dell’Aia demanda ai singoli stati il compito di eseguire eventuali arresti. «Uno stato serio rispetta gli accordi internazionali e difficilmente si sottrarrà a questo ordine», afferma Sacerdoti. «È la prima volta che si trovano sotto tiro dei leader legittimamente eletti di uno stato democratico».
L’unica risposta in mano a Israele, che non riconosce la giurisdizione della Corte penale internazionale, «è quella mediatica», afferma il giurista. Dallo stato ebraico governo e opposizione hanno replicato duramente ai mandati d’arresto.

La reazione di Israele
«La decisione antisemita della Corte penale internazionale è simile a un moderno processo Dreyfus e finirà nello stesso modo», ha commentato l’ufficio del premier Netanyahu. «Israele rifiuta totalmente le azioni e le accuse assurde e false della Corte penale internazionale, che è un organismo politico di parte e discriminatorio». Secondo i tre giudici che hanno deciso sul caso, «ci sono ragionevoli motivi per ritenere» che Netanyahu e Gallant «abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla sua sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, nonché carburante ed elettricità». L’ufficio del premier ha replicato: «Non c’è guerra più giustificata di quella che Israele sta conducendo a Gaza dal 7 ottobre 2023, dopo che l’organizzazione terroristica Hamas ha lanciato un attacco mortale contro di essa, commettendo il più grande massacro contro il popolo ebraico dopo la Shoah». Nella nota diramata da Netanyahu si legge poi un attacco diretto ai magistrati coinvolti nel giudizio: «La decisione è stata presa da un procuratore capo corrotto che cerca di salvarsi da gravi accuse di molestie sessuali, e da giudici di parte spinti dall’odio antisemita verso Israele».
Per il presidente d’Israele Isaac Herzog la decisione della Cpi è stata presa in «malafede» e «ha trasformato la giustizia universale in uno zimbello universale». Il tribunale, denuncia Herzog, «ignora la situazione dei 101 ostaggi israeliani tenuti in brutale prigionia da Hamas a Gaza. Ignora l’uso cinico che Hamas fa del suo stesso popolo come scudo umano. Ignora il fatto fondamentale che Israele è stato barbaramente attaccato e ha il dovere e il diritto di difendere il proprio popolo. Ignora il fatto che Israele è una democrazia vivace, che agisce in base al diritto umanitario internazionale e che fa di tutto per provvedere ai bisogni umanitari della popolazione civile».
Alcuni speravano che il caso sarebbe rimasto sepolto in un cassetto, spiega Sacerdoti. «E invece, forse anche per la situazione di interregno negli Stati Uniti, la Corte ha proceduto».

…e quella degli Usa
Dagli Usa i repubblicani, che ora detengono la maggioranza sia alla Camera sia al Senato, contestano le azioni della Cpi e promettono di avanzare un piano di sanzioni contro la Corte. Gli Stati Uniti, così come Cina e Russia, non sono tra i firmatari dello Statuto di Roma (1998) che istituisce la Corte e non ne riconoscono la giurisdizione.
Oltre a Netanyahu e Gallant, il procuratore capo Khan aveva chiesto mandati di arresto anche per alcuni capi di Hamas, poi eliminati da Israele. Contro uno di loro, Mohammed Deif, è stato emesso comunque un mandato, perché i magistrati dell’Aia non ne hanno confermato la morte.
Sempre all’Aia si trova la Corte internazionale di giustizia dove è in corso un altro processo contro Israele, accusata dal Sud Africa di genocidio e crimini contro l’umanità a Gaza. La Cig, a differenza della Cip che giudica le responsabilità penali dei singoli, ha giurisdizione tra stati.

Daniel Reichel