LA LETTERA – David Palterer: Cara Nan, il tuo mea culpa è sconcertante

La mostra This Will Not End Well di Nan Goldin, artista di spicco nel panorama dell’arte contemporanea internazionale, presso la Neue Nationalgalerie di Berlino e il suo discorso in occasione del vernissage sono l’espressione di una “mea culpa” estremamente significativo in quanto investita dalla cultura occidentale
Il discorso di Nan è culminato con quattro minuti di silenzio in memoria, per “par condicio”, di tutti i morti in guerra, che oggi viene definita “una manovra logorante” in quanto dura, al momento in cui scrivo queste righe, da quattordici mesi e che proprio in questi istanti, alle tre del mattino del 27 novembre, si parla di tregua in Libano. Un silenzio dal significato retorico maggiore del resto dei messaggi di Goldin.

Cara Nan,
L’efficacia del silenzio che hai proposto, all’inizio del tuo discorso, nel caos acustico delle nostre vite, è stato un gesto geniale di sospensione; ognuno dei presenti lo ha vissuto infatti in modo intimo, introverso, e hai costretto tutti i partecipanti, per qualche istante, ad assaporare il valore del rispetto per se stessi e per il vicino. Hai tenuto in apnea una massa, fuori dal pathos della tifoseria, dove la riflessione e il giudizio non contano.
Mi domando però quale meccanismo intellettuale ti abbia portato a far seguire quel distacco di elevazione spirituale da una “conta dei morti” di quella terribile – ma come lo sono tutte! – guerra. È per piacere a chi era in attesa di ascoltarti, che hai scelto di interpretare i numeri, con questo distinguere in modo fazioso fra sangue e sangue, buoni e cattivi, giusti e non? Il tuo non è stato un messaggio di condivisione universale del lutto ma hai incitato il branco, compattandolo intorno all’ardore della vendetta, la peggiore dei sentimenti umani. Non ti sei accorta che con questa azione hai scelto di far parte di un genere di intellettuali che si auto-colpevolizzano per le manifestazioni sociopolitiche e culturali delle passate generazioni come il colonialismo, il razzismo, l’imperialismo e che si auto-infliggono gesti apparentemente riparatori, pronti a subire di accettare la subalternità di chi sfrutta i benefici acquisiti dell’occidente per deturparlo?
Il tema dei “guasti” creati dalle culture occidentali lungo la storia certamente esiste, ma è altrettanto ovvio che il passato non è reversibile perciò la riparazione non sta nelle rivendicazioni ma nelle condivisioni, nelle scelte future che le società e gli stati dovranno intraprendere soprassedendo a degli egoismi che solo la Cultura con la C maiuscola ha la capacità di arginare.
L’Occidente, cara Nan, come risposta alle emigrazioni, ai movimenti tipo Black Lives Matter, Me Too, Pro Pal, nati da chi rivendica le ingiustizie, sta virando politicamente e socialmente verso il populismo e il totalitarismo, di fatto, consapevolmente o no, inseguendo le “realtà geopolitiche emergenti” o “deboli” presso le quali l’illuminismo, la cultura indipendente e le organizzazioni democratiche non sono stati mai realmente immedesimati. Lo stato confusionale dell’Occidente è sfruttato da quelle realtà per logorare chi ha permesso di sviluppare la propria consapevolezza e di godere dei benefici del progresso scientifico, culturale, sociale. Realtà emergenti, che avrebbero potuto imparare, per non ripetere quei “guasti” costati sacrifici come le disuguaglianze, la schiavitù, gli sfruttamenti e i dolori delle guerre. Proprio chi oggi rivendica di essere stato deturpato dall’Occidente, utilizza gli stessi metodi, se non peggiori, e che ormai si stanno evidenziando come consolidata realtà, nuovi tipi di colonialismi, imperialismo e oscurantismo messi in atto manipolando e incitando le masse ad agire per conto loro (spesso contro se stessi) anche all’interno delle istituzioni che avrebbero dovuto essere immuni da queste infiltrazioni, in primis nelle istituzioni democratiche, nella cultura e nell’università.
Il risultato è un cinico qualunquismo che ci invade e che tu, Nan, per goderti alla Neue Nationalgalerie di Berlino l’abbraccio della massa che, come in molte sedi universitarie, ti sei immolata a quello stesso branco; tu in quanto ebrea, con una famiglia che ha conosciuto l’antisemitismo; tu che fai parte della nobiltà intellettuale internazionale occidentale hai avuto un atteggiamento esattamente opposto a quello che con il tuo lavoro denunci!
Non hai badato delegittimare chi non condivide i tuoi valori, ti sei rivolta a una massa che ha accettato il tuo essere ebrea e intellettuale, dimostrando esplicitamente di essere una di loro, e non per quello che sei e pensi.
Per molti di noi, invece, i tuoi valori e l’espressività artistica sono apprezzati e condivisibili, come ha fatto la somma istituzione tedesca, che ti ha concesso – giustamente – il suo nobilissimo palco; condividiamo la tua sensibilità e il tuo modo di essere e per questo stesso motivo, anche se tra noi c’è chi la pensa diversamente, il silenzio che hai proposto all’inizio del tuo intervento al vernissage ha concesso ai “singoli” l’opportunità di non dover strillare per dimostrare la propria legittimità.

David Palterer