SHIRIM – Dalla parte di Swann (Marcel Proust) /2

…Quando volevamo andare dalla parte di Méséglise uscivamo (non troppo presto, e pazienza se il cielo era coperto, perché la passeggiata, non molto lunga, non portava troppo lontano), come per andare in qualsiasi altro luogo…prima ancora di arrivarci, ci imbattevamo nell’odore, venuto incontro ai forestieri, dei suoi lillà. Questi, da dentro i cuoricini verdi e freschi delle foglie, sollevavano curiosi al di sopra della staccionata i pennacchi di piume bianche o malva, lustrate, persino all’ombra, dal sole nel quale erano immerse. Sostammo un poco davanti alla staccionata. La stagione dei lillà s’avvicinava alla fine; alcuni reggevano ancora, come alti lampadari color malva, le bolle delicate dei loro fiori, ma in molte zone del fogliame, dove, ancora una settimana prima, dilagava la loro mousse odorosa, appassiva ora, rattrappita e annerita, una schiuma vuota, secca e senza profumo. Il nonno faceva notare a mio padre in che cosa l’aspetto del luogo era rimasto identico e in che cosa era mutato dalla sua passeggiata con il signor Swann…Davanti a noi, un viale bordato di nasturzi saliva in pieno sole verso il castello. A destra, invece il parco si stendeva pianeggiante. C’era, all’ombra dei grandi alberi che lo circondavano, uno specchio d’acqua, che avevano fatto scavare i genitori di Swann; ma nelle sue creazioni più artificiose è pur sempre sulla natura che l’uomo lavora; intorno a certi luoghi vige sempre il loro speciale dominio, le loro insegne immemorabili trionfano in mezzo a un parco come in un luogo remoto da qualsiasi intervento umano, in una solitudine che torna ovunque a circondarle scaturendo dalle necessità della loro esposizione e sovrapponendosi all’opera dell’uomo. Così, ai piedi del viale che sovrastava lo stagno artificiale, s’era formata su due file, intrecciate di miosotidi e pervinche, la corona naturale, azzurra e delicata che cinge la fronte cangiante delle acque, e il gladiolo, flettendo le sue spade con regale abbandono, stendeva sull’eupatorio e sul ranuncolo dall’umido gambo i gigli in brandelli, viola e gialli, del suo scettro lacustre.

Prosegue la nostra incursione ne À la recherche du temps perdu di Marcel Proust (1871-1922), in particolare in Du côté de chez Swann, nella traduzione in italiano a cura di Giovanni Raboni.
Accompagniamo, dunque, il giovane protagonista nella sua passeggiata verso Méséglise.
Lungo la via ci accorgiamo di come, prima ancora del paesaggio umano, a incontrare il protagonista sia il paesaggio naturale. Questo appare composto, stratificato su altezze diverse e coese.
I lillà sono in fiore ma è già possibile scorgerne i primi segni di marcescenza inesorabile, tracce dei giorni passati ove furono neonati e freschi, serbarne poi memoria nelle parole. Considerare i mutamenti di un luogo naturale come quelli che avvengono a una casa abitata da esseri umani.
Ai segni della fine s’accostano gli imperituri inizi nei nasturzi superbi che accolgono e sfidano in pieno viso il sole, incuranti della presa sua prosciugante e salda.
E il passaggio degli uomini appare costellato di una silente vita animata: delicati myosotis azzurri, pervinche colore di sogno incoronano le acque dolci d’un laghetto; nell’erba risplendono d’oro i ranuncoli. E la piccola esistenza dei fiori, degli uomini vegliata dai solitari giganti gentili, gli alberi silenziosi.
Resteranno muti e ignoti, superbe creature nella notte, oltre la breve vita dei fiori, le quiete passeggiate degli uomini.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno