LIBRI – La luce e la convivenza: il racconto di un ole hadash

Sul finire degli anni Sessanta Jack Stroumsa, direttore del Dipartimento dell’illuminazione nella municipalità di Gerusalemme, incontra un giovane ingegnere italiano, Gianfranco Yohanan Di Segni. Entrambi sono olim hadashim, nuovi immigrati in Israele.
Di Segni è nato a Roma nel 1941 ed è scampato alla Shoah assieme alla famiglia grazie alla protezione di un convento di suore. Finita la guerra si è laureato in Ingegneria elettrica in Italia e ha scelto, seguendo il sogno sionista, di trasferirsi a Gerusalemme insieme alla moglie Viviana.
Stroumsa è nato a Salonicco nel 1913. Ingegnere elettrico e violinista, è sopravvissuto ad Auschwitz e alle marce della morte. Come Yohanan, è emigrato in Israele subito dopo la Guerra dei Sei giorni. E nello stato ebraico le loro storie si intrecciano, piccolo esempio di una società in divenire, segnata dalla tragedia della Shoah, ma anche proiettata verso il futuro. C’è molto da costruire e a Stroumsa è stata affidata la manutenzione di tutta l’illuminazione pubblica di Gerusalemme. Sta formando una squadra per poter gestire questo compito e chiede a Di Segni se vuole farne parte.
«È un lavoro speciale occuparsi della manutenzione e della cura di tutta l’illuminazione della città», spiega Stroumsa al giovane Di Segni davanti a un caffè italiano. «Con lei, voglio trasformare Gerusalemme da una periferia buia in una città luminosa». E così inizia la collaborazione tra i due, come riporta Di Segni nel suo libro Dal tramonto europeo alle luci di Gerusalemme. Una biografia in cui, riepilogando la propria storia, l’autore ritrae l’evoluzione dell’intero paese. Lo fa attraverso uno sguardo originale, quello dell’ingegnere elettrico che un po’ per caso inizia a lavorare nell’illuminazione pubblica di Gerusalemme, diventandone poi il direttore.
«A Gerusalemme avevamo raggiunto più di 45.000 punti luce, rispetto ai 7.000 del 1970», ricorda Di Segni in uno dei capitoli conclusivi. Un lavoro certosino, che tocca tutti i quartieri della capitale israeliana, il cui volto viene gradualmente trasformato. Insieme all’autore si percorrono le vie, i monumenti, le case, i giardini. Tra riflessioni personali, ricordi e valutazioni professionali, si ha una mappa architettonica e storica della città e degli eventi che l’hanno segnata. Ad esempio Di Segni ricorda la guerra dello Yom Kippur del 1973.«I nostri compiti consistevano, tra l’altro, nello spegnere l’illuminazione in tutte le strade della città con controlli serali, nell’assicurare che la procedura di oscuramento fosse totale». Un periodo di grande tensione, ma anche un’occasione. «In quei giorni, d’accordo con l’Ing. Stroumsa, ritenemmo opportuno approfittare del momento di pausa nei lavori di manutenzione ordinaria… per svolgere lavori di miglioramento della rete elettrica!».
Il lavoro è anche lo spazio della convivenza tra le varie anime della città. «Riguardo ai rapporti di lavoro con colleghi di diverse origini e religioni, ho sempre cercato di essere equo con tutti e soprattutto di rispettare i lavoratori arabi», racconta Di Segni. «Tra noi non c’era mai stato alcun problema, né tra mizrahi e ashkenaziti, né tra lavoratori ebrei e arabi». L’impegno comune di è illuminare Gerusalemme, anche nei periodi bui.