M.O. – Ex ostaggio a Trump: «Subito a casa i 100 rapiti»

Sono state le prime ad essere liberate da Hamas, e non è ancora del tutto chiaro il perché. L’incubo di Judith e Natalie Raanan è finito il 20 ottobre 2023. Rapite dai terroristi palestinesi il 7 ottobre dal kibbutz Nahal Oz, 13 giorni dopo madre e figlia furono rilasciate grazie alla mediazione di Stati Uniti e Qatar. Sembrava il segnale di una possibile strada diplomatica per riavere tutti gli ostaggi. «Il lavoro è solo iniziato. Dobbiamo riportare tutti a casa immediatamente», aveva sottolineato Judith al presidente Usa Joe Biden in una telefonata pochi minuti dopo la liberazione. Oltre un anno dopo, il lavoro è ancora lontano dall’essere concluso. Judith Raanan lo ha sottolineato al presidente eletto Donald Trump. In un incontro privato in Florida, l’ex sequestrata ha chiesto a Trump di «fare tutto il possibile per riportare a casa i 100 ostaggi ancora a Gaza». I vivi perché riabbraccino le famiglie, i morti per una degna sepoltura.
Nelle ultime settimane i negoziati tra Israele e Hamas hanno avuto un’accelerazione. Si è iniziato a parlare di scambio di liste di ostaggi. Nelle ultime ore però i media israeliani riferiscono di un rallentamento delle trattative. »Ogni ottimismo è prematuro», ha dichiarato una fonte coinvolta nel negoziato all’emittente Kan. «Lo schema che le parti stanno discutendo non è fondamentalmente diverso da quelli discussi in passato. I colloqui sono intensi, ma Israele e Hamas non hanno ancora raggiunto alcuna conclusione», ha spiegato la fonte. Uno dei punti nodali resta il ritiro israeliano dal Corridoio Filadelfia, i 14 chilometri di confine tra Gaza ed Egitto.
Intanto nell’enclave palestinese si continua a combattere. In mattinata quattro razzi sono stati sparati dal centro di Gaza e sono poi esplosi in aree disabitate al di là del confine. Tsahal ha risposto chiedendo ai civili di evacuare l’area da cui è partita la raffica e preparandosi a colpire con l’aviazione militare. Nella notte i caccia israeliani hanno eliminato due comandanti di Hamas coinvolti nelle stragi del 7 ottobre: Fehmi Salmi e Salah Dahham. Il primo aveva guidato l’attacco all’avamposto Paga di Tsahal sulla barriera di confine con Gaza, uccidendo 14 soldati. Il secondo aveva gestito l’infiltrazione aerea di Hamas nelle comunità del sud d’Israele. «Continueremo a operare contro tutti i terroristi che hanno preso parte al massacro del 7 ottobre», ha promesso un portavoce dell’esercito.
Non solo Gaza è al centro dell’attenzione dei militari. Tsahal prosegue anche le sue operazioni in Siria per eliminare ogni minaccia alla sua sicurezza. In 72 ore, oltre a prendere il controllo temporaneo del Golan siriano, ha distrutto interi squadroni di caccia dell’esercito un tempo fedele a Bashar Assad, sistemi radar e missilistici, depositi di armi e gran parte della marina. Tutto per evitare che questi armamenti cadano nelle mani sbagliate. Mentre il nuovo governo di Damasco, gestito dai ribelli jihadisti, prende forma, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha avvertito che se la nuova Siria «permetterà all’Iran di ristabilirsi nel paese, o permetterà il trasferimento di armi iraniane a Hezbollah, o ci attacca, risponderemo con forza e gli faremo pagare un prezzo pesante».