L’APPELLO – Riccardo Calimani: La kefiah, il pane, la pace
Aver tolto la kefiah al bambino Gesù in Vaticano mi è sembrato opportuno.
I simboli religiosi hanno un loro valore se non sono influenzati da contingenti motivi politici a loro del tutto estranei. Esprimo pertanto la mia soddisfazione: per arrivare a una pace necessaria e giusta almeno tra israeliani e palestinesi è necessario fare ogni sforzo e dipanare malintesi e speculazioni politiche ideologiche anche apparentemente banali. I simboli, tuttavia, hanno una loro forza e vanno salvaguardati. Un Gesù con la kefiah era quantomeno stonato e di cattivo gusto.
Detto questo, ho avuto l’occasione mercoledì di vedere una folla disperata a Gaza in cerca di un tozzo di pane. Si tratta di una visione terribile e triste che va criticata. Chi ha responsabilità in questa vicenda deve farsi carico di risolvere il problema e non permettere che la sofferenza accresca l’odio e la divisione tra i due popoli israeliano e palestinese. Occorre favorire un cammino di pace e arrivare ad una pace possibile. Questa esigenza umanitaria non va dimenticata da nessuno e men che meno dalle autorità militari israeliane che controllano la situazione.
Le organizzazioni palestinesi che hanno organizzato lo sterminio del 7 ottobre dello scorso anno sapevano bene che avrebbero innescato una tragica contromossa e sapevano bene, mostrando cinismo e indifferenza, che una tragica reazione sarebbe stata inevitabile: l’esercito israeliano è stato costretto a reagire. Non si sono tuttavia preoccupati delle tragiche conseguenze che ne sarebbero inevitabilmente derivate.
Esiste inoltre un altro incubo: la sorte degli ostaggi israeliani. Occorre fare ogni sforzo possibile per ottenere la loro liberazione. Esprimo la mia solidarietà a tutti quelli, uomini, donne, bambini che ingiustamente soffrono in Medio Oriente e spero che la ragione prevalga sull’odio che non va mai alimentato.
Conviene a Israele di non dimenticare la sofferenza della popolazione di Gaza, non solo per motivi umanitari, ma per una lungimiranza politica necessaria. Una convivenza non è solo un dovere morale, ma anche una occasione da non perdere, per chi ha cuore il destino di due popoli che soffrono da troppo tempo. La pace va aiutata e costruita. La disperazione non aiuta a costruire un futuro migliore per nessuno in quella tormentata regione.
Shalom non sia una parola vuota, ma un inizio di santità.
Riccardo Calimani