ANTISEMITISMO – Torna l’indagine triennale del JDC
«Immagino che il trauma sia ancora in corso. Sembra che sia il 7 ottobre ancora e ancora, ogni giorno. La mia vita e la vita di ogni ebreo che conosco sono cambiate da allora. Mi sento meno al sicuro, meno accettato, meno integrato in una società in cui pensavo di appartenere». A parlare è un professionista iscritto a una Comunità ebraica italiana. Il suo pensiero rispecchia l’opinione della maggioranza degli ebrei non solo italiani, ma europei, come emerge dalla sesta Indagine sui dirigenti e sui professionisti delle comunità ebraiche europee realizzata dal Centro internazionale per lo sviluppo comunitario (JDC-ICCD) e diretta da Marcelo Dimentstein. Uno strumento nato nel 2008 per inquadrare le sfide presenti e future dell’ebraismo europeo, che oggi fa i conti con una società stravolta dal 7 ottobre. «La simultanea crescita degli incidenti antisemiti e delle proteste antisraeliane in tutta Europa è stata la principale preoccupazione per i dirigenti ebrei del continente. Questo sondaggio fornisce dati preziosi sull’aumento dei livelli di isolamento, insicurezza e paura tra gli ebrei europei, assieme al crescente desiderio di riunirsi in comunità», spiega Stefano Oscar, direttore regionale di JDC Europa, nella presentazione dell’indagine. Una ricerca a cadenza triennale a cui ha lavorato la sociologa Betti Guetta della Fondazione Cdec e a cui ha collaborato l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Il sondaggio è stato condotto online in dieci lingue, hanno risposto 879 intervistati provenienti da 32 paesi europei ed è stata inserita una sezione dedicata agli effetti del 7 ottobre.
Come nell’edizione precedente (2021), la lotta all’antisemitismo si conferma in cima alle priorità della leadership ebraica. Pensare che nel 2011 era al settimo posto. Un passato lontano. Il senso di insicurezza e di isolamento, raccontano i dati dell’indagine, sono cresciuti ovunque. «Un significativo 38% degli intervistati ha riferito che le proprie istituzioni hanno subito episodi di antisemitismo dal 7 ottobre, e un’ampia maggioranza (78%) afferma che è diventato meno sicuro vivere e praticare il proprio ebraismo», si legge nella ricerca, che sarà presentata durante il prossimo Consiglio Ucei. Ci si sente molto meno liberi di girare per le strade con la kippah o con segni che possano identificare la propria identità ebraica. Anche con gli amici fuori dal mondo ebraico sono aumentate le distanze e le incomprensioni.
All’insicurezza e al senso di isolamento, sottolinea la leadership ebraica, le persone hanno risposto con una maggiore partecipazione alle attività delle rispettive comunità e con un maggior sostegno a Israele. «La stragrande maggioranza degli intervistati, l’82%, ha riferito che il proprio impegno nei confronti di Israele è stato più forte dopo il 7 ottobre e una maggioranza crescente ha affermato che tutti gli ebrei hanno la responsabilità di sostenere Israele e di farlo incondizionatamente», spiegano gli autori dell’indagine.
In un clima di timori e diffidenza ci si attenderebbe anche una maggior propensione all’emigrazione e invece questo dato rispetto al 2021 non è aumentato. Segno di un impegno a resistere agli stravolgimenti dell’ultimo anno. Il pessimismo sul futuro dell’Europa non viene nascosto – pur con significative differenze tra Europa occidentale (più negativa) ed orientale (più ottimista) – ma si risponde rafforzando i legami interni.
Il panorama italiano
L’indagine ha poi un focus sull’Italia in cui si registrano trend coerenti con il resto d’Europa, con alcune differenze. Ad esempio l’80% degli intervistati dichiara di sentirsi al sicuro a vivere come ebreo nella propria città contro il 73% della media europea (considerando l’Europa occidentale la media è ancor più bassa, 67%). Resta, come in passato, una significativa preoccupazione per il declino demografico di cui risente l’ebraismo italiano (per l’85% degli intervistati italiani è una minaccia seria, contro il 64% dei colleghi europei).
Tanti da mettere in fila e analizzare, sottolineano gli autori della ricerca, per cercare di trarne delle politiche concrete da applicare per il futuro. «La speranza di JDC-ICCD», scrive a riguardo Oscar, «è che le informazioni contenute in questa indagine servano da guida per la leadership delle comunità ebraiche in tutta Europa per aiutare a pianificare e innovare, rafforzare la vita ebraica per le generazioni a venire, trasformando le sfide in opportunità».
d.r.