M.O. – Israele attende Trump per sconfiggere gli Huthi

Hamas sta trattando, Hezbollah è impegnato nella tregua, il nuovo regime di Damasco non vuole scontri, le milizie filo-iraniane in Iraq si accordano con il governo locale per cessare gli attacchi contro Israele. Tra i diversi nemici dello stato ebraico, solo il gruppo ribelle Huthi non vuole arretrare. I suoi attacchi sull’area di Tel Aviv si sono intensificati. In meno di una settimana i missili Huthi hanno prima distrutto una scuola, senza causare vittime, e poi colpito un parco, provocando 16 feriti e costringendo, nel cuore della notte, centinaia di migliaia di persone a correre ai rifugi.
«Come abbiamo agito con forza contro i terroristi dell’asse del male sostenuto dall’Iran, così agiremo contro gli Huthi: con forza, determinazione e precisione», ha promesso il premier Benjamin Netanyahu. Il gruppo ribelle yemenita è «ora al centro della nostra attenzione», ha confermato una fonte militare al quotidiano Maariv. Secondo altri media israeliani, nel mirino di Gerusalemme non ci sono gli Huthi, ma chi li sostiene: il regime di Teheran.
Per Ron Ben-Yishai, storica firma di Yedioth Ahronot, muovere contro l’Iran non fermerà gli attacchi dallo Yemen. Il regime «si limita a supportare i ribelli, fornendo missili e droni contrabbandati via mare», spiega Ben-Yishai, decano dei corrispondenti di guerra israeliani. Attaccare l’Iran, dunque, non fermerà il gruppo yemenita, che agisce principalmente per consolidare il proprio status nel paese e nel mondo arabo, sostenendo con i missili la causa palestinese. Gli Huthi hanno anche dimostrato la loro capacità di influenzare la navigazione commerciale nel Mar Rosso e nel Canale di Suez, rafforzando la propria posizione di attore in grado di destabilizzare l’economia globale.
Per fermarli, sostiene Ben-Yishai, Israele dovrà seguire la strategia già applicata contro Hezbollah: colpire la leadership del gruppo e distruggerne i missili balistici, i droni, le basi di lancio e gli impianti di produzione di armi. Tuttavia, a causa della distanza geografica e delle difficoltà di intelligence, lo stato ebraico non può pensare di agire da solo. «Tsahal necessita della piena collaborazione degli Stati Uniti, che operano nel Mar Arabico e nel Mar Rosso, per condurre un’operazione efficace e duratura». L’amministrazione del presidente Joe Biden ha colpito ripetutamente in Yemen, ma ha evitato operazioni massicce. A gennaio, con la presidenza di Donald Trump le strategie potrebbero cambiare. «Dopo l’ingresso di Trump alla Casa Bianca, Stati Uniti e Israele», scrive Ben-Yishai, potrebbero avviare «un’azione congiunta che riporti gli Huthi alle loro precedenti dimensioni» di piccolo gruppo di ribelli «e impedisca loro di diventare un fattore di disturbo dell’ordine globale e dell’economia internazionale».