DOMANI È CHANUKKAH – La festa di “fare il miracolo”

Il miracolo dell’olio non è l’unica ragione indicata nelle fonti alla base del fatto che Chanukkah è stata istituita per la durata di otto giorni. Un’altra tradizione, riportata nel II Libro dei Maccabei (10, 6-7), afferma che la festa di Chanukkah intendeva compensare gli otto giorni di Sukkot che non si erano potuti celebrare a tempo debito nel Bet ha-Miqdash di Yerushalaim per via dell’occupazione greca. La Mishnah testimonia come la vita del Santuario raggiungesse il suo climax proprio durante Sukkot, allorché vi si teneva la “Gioia dell’attingimento dell’acqua” per propiziarsi le piogge dell’imminente inverno. Dopo che i Maccabei ebbero riconsacrato il Tempio, si legge in II Maccabei, il primo Chanukkah fu festeggiato con i Lulavim.
Ma c’è una relazione anche fra Chanukkah e la Sukkah, che ricorda il miracolo della protezione Divina accordata ai nostri Padri nel deserto. È noto che quando si accendono i lumi di Chanukkah, alla benedizione sulla Mitzwah se ne aggiunge un’altra per il miracolo dell’olio. Perché non si dice She-’assah nissim (“che ha fatto miracoli”) anche a Sukkot come a Chanukkah? Le Tossafot (Sukkah 46a s.v. ha-roeh) danno due risposte:
1) il miracolo di Chanukkah è rimasto impresso nel cuore della gente con entusiasmo (chavivut), laddove quello di Sukkot non è altrettanto distinguibile: la permanenza nel deserto si è protratta per quarant’anni e ciò può aver dissipato il senso di eccezionalità dell’intervento Divino;
2) non c’è divulgazione del miracolo (pirsùm ha-nes) sufficiente per Sukkot dal momento che non tutti hanno la possibilità di dotarsi di una Sukkah in casa propria: il pirsùm richiede infatti la partecipazione di tutti non solo sul piano passivo di chi “vede” l’oggetto del miracolo, ma in primis sul piano attivo: ricrearlo con le proprie mani. E dal momento che la Berakhah non è stata istituita per il ‘osseh (colui che “fa” il miracolo), non è stata istituita neanche per il roeh, colui che si limita a “vedere” la rievocazione compiuta da altri. Diversa sotto questo profilo l’accensione dei lumi di Chanukkah, essendo alla portata di tutti.
C’è una differenza assai più che sottile fra “affidarsi al miracolo” e “confidare nel miracolo”, dove il prefisso con allude a una collaborazione. I Kohanim Asmonei, alle prese con una sola razione di olio puro, avrebbero potuto rinunciare ad accenderla, affidandosi interamente alla Volontà Divina. Scelsero invece l’iniziativa umana, nei limiti del possibile, confidando nel soccorso celeste. Solo chi “fa” il miracolo ha il merito di “vederlo”. E anche una volta che esso si è verificato lo affidiamo alla memoria non tappezzando i nostri templi di ex voto, ma semplicemente ripetendo annualmente lo stesso gesto da cui esso scaturì la prima volta: ciascuno diviene per così dire Kohen in casa propria, trasformata in succursale del Bet ha-Miqdash per l’occasione e riaccende i lumi. Insomma noi Ebrei non siamo dei miracolati, ma piuttosto dei… “miracolanti”!

Rav Alberto Somekh