IRAN – Cecilia Sala prigioniera del regime
La mobilitazione di politica e giornalismo
Dal 19 dicembre la giornalista Cecilia Sala è detenuta in isolamento nel famigerato carcere di Evin a Teheran, simbolo delle violenze del regime contro i dissidenti.
Molte le reazioni al suo fermo, annunciato in una nota dal ministero degli Affari Esteri. Tra gli altri il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che «l’Italia lavora incessantemente per liberarla, seguendo ogni strada». Il ministro ha anche aggiunto che le trattative con l’Iran «non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare, ma solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello». Oggi, ha reso noto la Farnesina, la giornalista è stata visitata dall’ambasciatrice italiana Paola Amadei.
«Il giornalismo non è un crimine. Riportiamo a casa Cecilia Sala», si legge sulla home page del Foglio, testata con la quale Sala collabora da vari anni. «L’Iran, con l’arresto di Cecilia, ha scelto di sfidare non una giornalista, non un giornale, non una testata, ma tutto quello che l’occidente considera trasversalmente intoccabile: la nostra libertà», sostiene il direttore Claudia Cerasa. «Non è il momento di essere retorici, non è il momento di ricordare cos’è la repubblica degli ayatollah, non è il momento di ricordare l’irresponsabilità di chi ha provato a considerare un regime islamista in grado di diventare moderato», aggiunge Cerasa. È invece il momento di «ricordare l’ovvio». E cioè che «l’Iran vuole utilizzare la vita di Cecilia per mostrare quanto è forte il regime». Nella stessa prigione fu detenuta nel 2022, per 45 giorni, la travel blogger romana Alessia Piperno.
Alla giornalista Cecilia Sala la solidarietà della redazione di Pagine Ebraiche.