ISRAELE – Ragazzo druso torna a casa dopo nove interventi

Dopo quasi due settimane di sedazione e osservazione intensiva e quattro mesi di riabilitazione, Alan Abu Saleh, 12 anni, è tornato a casa a Majdal Shams, un villaggio druso sulle Alture del Golan. Alan è uno dei 34 bambini feriti nell’attacco di Hezbollah del 27 luglio scorso, durante il quale 12 dei suoi amici sono stati uccisi. Quel giorno, si trovavano tutti insieme a giocare nel campetto da calcio del villaggio.
Alan ha riportato gravi ferite agli occhi, all’addome, al bacino e agli arti. Finora ha affrontato nove interventi chirurgici, con altri ancora in programma nei prossimi mesi. Tornato a casa, il giovane ha deciso di riprendersi ciò che gli era stato tolto quel giorno: la gioia di giocare a calcio. «La prima cosa che ho fatto è stata indossare i miei vestiti sportivi e tornare al campo», ha raccontato con un sorriso all’emittente Kan. «È strano essere qui», ha ammesso mentre passeggiava accanto al campo ricostruito. «Mi rende felice, ma anche triste. Mi mancano i miei amici.»
La comunità si è stretta attorno a lui per offrirgli supporto. «In momenti come questi, scopriamo quanto siamo uniti», hanno raccontato i suoi genitori a Kan.
Alan è uno dei tanti ragazzi della zona cresciuti ammirando la squadra del Bnei HaGolan VeHaGalil, ovvero Figli del Golan e della Galilea (conosciuta anche come MMBE). Nata nel 2015, la squadra fa parte della federazione calcistica israeliana e riunisce quattro villaggi drusi del Golan: Majdal Shams, Mas’ade, Buq’ata ed Ein Qiniyye. La sua fondazione non è stata priva di ostacoli. Per anni, gli anziani dei rispettivi villaggi si sono opposti all’idea di partecipare al campionato israeliano. «Questa è terra siriana, non potete unirvi al calcio israeliano,» era l’obiezione sollevata da una parte della leadership drusa, che dal 1967 considera Israele una forza occupante. Dopo numerosi tentativi falliti, la squadra ha preso forma nel 2015 ed è diventata presto «un luogo di integrazione per ragazzi e ragazze», come ha spiegato al Times of Israel uno dei fondatori, Wajdi Al-Kish.
Tre dei dodici ragazzi uccisi il 27 luglio da Hezbollah indossavano la maglia rossa del Bnei HaGolan VeHaGalil. Sognavano di diventare calciatori professionisti, ha ricordato Al-Kish. A loro pensa oggi Alan, che insegue lo stesso sogno, nonostante le difficoltà fisiche dovute alle ferite. «Farò tutto il possibile per tornare a giocare come prima», ha promesso.
«Alan è un eroe» ha sottolineato il suo allenatore. «Il suo coraggio ci ricorda che, anche nei momenti più bui, la luce può tornare a splendere».